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Un miliardo di muli umani lavora gratis per i padroni del web

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I contenuti generati dagli utenti? Possono essere un bel guaio. Alcune cose che dovete sapere su quell'internet che state usando-creando e che vi usa.

Video tratto da: http://www.pandoratv.it/?p=11619


Nella immensa scena della comunicazione contemporanea si possono individuare tre grandi famiglie di contenuti:

a) quelli prodotti dagli editori tradizionali e veicolati ai loro utenti soprattutto attraverso stampa, tv e web;

b) quelli prodotti dagli utenti stessi per manifestare il talento, attivare il dialogo con altri utenti, passare il tempo;

c) i contenuti prodotti e veicolati dalla pubblicità.

I contenuti generati dagli utenti sono senza dubbio il nuovo fenomeno.

Ma che cosa erano le "lettere al Direttore"? Gli annunci economici pubblicati dai grandi quotidiani ? I settimanali di compro-vendo quali Porta Portese, Seconda mano, etc ? Le telefonate in diretta alle Radio Private ?
Erano già contenuti generati dagli utenti.

Oggi si chiamano UGC – User Generated Content – e si fa risalire il loro debutto ai social network. In realtà esistevano già nel secolo scorso, ma di certo non erano così importanti.
Non erano così importanti per gli editori, per gli utenti stessi e soprattutto non erano così importanti per i pubblicitari.

Nei primi anni 80, con il forsennato sviluppo della TV commerciale si capì che i contenuti (news, sport, intrattenimento, film, serie televisive) servivano soprattutto a veicolare al meglio la pubblicità.
Si capì che se il prodotto è offerto gratuitamente allora il prodotto finale sei Tu!
Si capì che lo scopo principale della TV commerciale era quello di ammassare spettatori di fronte allo schermo casalingo e perseguitarli con annunci che servivano a spingerli al consumo.
In termini tecnici questa attività si definisce "influenzare la domanda" di beni e di servizi affinché, al dunque, un agguerrito drappello di multinazionali possa invadere e presidiare qualunque punto vendita e in particolare gli scaffali dei supermercati con merci spesso di bassa qualità ma molto, molto impacchettate… talmente impacchettate che spesso la merce pesa la metà o meno del suo scintillante involucro e per smaltire le tonnellate di rifiuti che ne derivano i comuni devono scendere a patti con le mafie locali (questo è uno dei tanti effetti collaterali della pubblicità).

Con il debutto del Web 2.0, verso i primi anni del secolo, ai contenuti degli editori e della pubblicità, giustamente considerati un monologo unidirezionale tra medium e utente, si comincia ad affiancare, prima lentamente poi su vasta scala, il dialogo interattivo e la condivisione: due concetti magici diligentemente promossi dai massmediologi e dagli opinion maker. L'utente, a quel punto, grazie alla Rete raggiunge altri utenti, idealmente senza pagare, idealmente senza censure, idealmente senza arrecare danni a se stesso e alla collettività.
In realtà come vedremo non è proprio così.

Quei volponi dei gestori di social network, finanziati da spregiudicati venture capitalist, capiscono da subito che i nuovi giocattoli che stanno facendo impazzire il mondo (in primis Facebook e YouTube) hanno delle caratteristiche molto, molto interessanti.
Gli utenti sanno ormai tutti leggere e scrivere, fanno molte foto, vogliono partecipare e commentare, molti sanno fare le videoclps, vogliono avere visibilità, hanno a disposizione somme che consentono di comprare PC, tablet, webcam, smart phone, etc…
E allora? Basta offrire a tutti la possibilità di "caricare" in rete e di condividere i propri contenuti e, come d'incanto, si vengono a creare sterminate comunità pronte a fornire gratis e con continuità contenuti con i quali "incartare" messaggi pubblicitari.
Non importa se tali contenuti saranno banali o geniali, se saranno eversivi o conformisti, se saranno utili o inutili… per i padroni della Rete l'importante è:

1) che la loro produzione costi zero;
2) che si crei una immensa quantità di testi, foto, musica, videoclip consultabili;
3) che si possano misurare, grazie ai contatori di Google e Facebook, i lettori e i visualizzatori raggiunti così da poter vendere i contatti agli inserzionisti.

Et voila! In sostanza gli utenti della Rete producono contenuti per altri utenti della Rete gratuitamente, sprigionando una creatività sommersa come un'immensa energia, da addomesticare, che era in latenza.
Oggi si calcola che le ore di filmati presenti su YouTube, Dailymotion, Vimeo, etc… sono migliaia di volte superiori alle ore prodotte in decenni dalla cinematografia e dalla televisione. I testi dei blog e quelli presenti su Facebook, Twitter, etc… sono migliaia di volte superiori a quelli che erano stati stampati nei secoli.
Insomma lo tsunami dei contenuti generati dagli utenti ha travolto qualsiasi tradizione e tecnica di produzione cosiddetta culturale, scientifica, di intrattenimento, etc…
Quelle faine dei pubblicitari , dal canto loro , hanno velocemente fatto due conti e si sono detti:
"Meraviglioso! È successo un miracolo! Perché dovremmo continuare a negoziare con i vecchi editori e le TV e a pagare le loro lobby in declino per inserire messaggi pubblicitari in giornali e palinsesti, quando grazie a questo fenomeno strabiliante possiamo inserire messaggi pubblicitari nei contenuti generati dagli utenti? Gli utenti non hanno rappresentanze, non negoziano, prendono ciò che offriamo, ringraziano, non protestano e lavorano sodo e in silenzio".
E così sta avvenendo.

Al dunque un potenziale consumatore raggiunto sul web è lo stesso che si può raggiungere con stampa e/o tv… anzi è molto, molto più profilato. Di lui sappiamo cosa cerca, cosa sogna, anche cosa può permettersi. E lo sappiamo immediatamente. Se poi ha anche una carta di credito il gioco è fatto. Pochi clic e la merce è venduta. Anzi pre-venduta.

Le conseguenze di tutto ciò NON SONO sotto gli occhi di tutti . La questione non viene affrontata nei giusti termini soprattutto perché i vecchi servitori della pubblicità, cioè i media mainstream, considerano questo argomento tabù.
E i loro direttori commerciali non consentano che si affronti per non disturbare i pubblicitari che sono diventati nel tempo i loro veri padroni.

Cerchiamo di riassumere gli effetti oscuri più rilevanti :

1) Più di un miliardo di persone nel mondo oggi lavorano gratis per social network e per i Boss della rete e non se ne rendono conto. Forniscono ossequiosi i loro dati personali ai Servizi Segreti. Con un clic sul quadratino "accept" sottoscrivono frettolosamente i Termini e le Condizioni per diventare membri manifestando una gioiosa sudditanza alla Dittatura digitale.
2) Le giovani generazioni sperano, in tal modo, di ottenere visibilità, esprimere il proprio talento e sperano un giorno di tradurre ciò in attività remunerate. Ma solo 1 su 10.000 , quelli che raggiungono più un milione di spettatori, ottengono piccole cifre per gli inserimenti pubblicitari nei loro lavori.
3) Ancora: le giovani generazioni per essere aggiornate tecnologicamente spendono miliardi di euro, dollari, yen e yuan in strumentazione digitale e passano gran parte delle loro giornate a smanettare su tastiere e tastierine
4) Considerando lo stato medio dell'evoluzione la gran parte di contenuti generati dagli utenti è basic, ma la sua quantità e velocità di circolazione sta conducendo le forme di cultura evolute nel recinto delle minoranze in via di estinzione.
5) La Stampa e la tv tradizionale, già inquinate dalla prima fase dell'espansione pubblicitaria, vedono con orrore la contrazione di quelle risorse che, ormai da 10 anni, vengono destinate al web. Gloriose testate giornalistiche licenziano vistosamente, prepensionano creando danni al sistema previdenziale e poi chiudono.
6) Il costo delle inserzioni pubblicitarie è ridotto a un centesimo di quello che era 15 anni fa e quindi c'è una proliferazione di messaggi che inquinano ogni nuova forma di comunicazione.
7) Sotto la spinta dell'induzione al consumo di merci e servizi multinazionali le piccole e medie industrie locali non tengono il passo con la concorrenza e chiudono anche loro i battenti o vengono svendute ai concorrenti esteri.
8) La Politica, per contro, che avrebbe dovuto godere al massimo dei contributi degli utenti in rete, e talvolta c'è riuscita, appare confusa e disorientata dall'immenso rumore di fondo che si è venuto a creare.

Bene, dopo questa narrazione, vi aspettereste che io sia contrario ai contenuti generati dagli utenti? E invece no! Io sono favorevolissimo ma mi batterò affinché cresca la consapevolezza circa gli aspetti oscuri del fenomeno e affinché si creino Associazioni e Sindacati che difendano quella parte di libertà che c'è e impongano ai pubblicitari un equo compenso per il lavoro svolto in rete dagli utenti.


Fonte: megachip.globalist.it


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