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La Russia blocca i piani statunitensi di invasione della Siria

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Sopra: Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov

Il problema dei profughi siriani maturava lentamente e costantemente fornendo il pretesto ideale per un”intervento umanitario’ degli Stati Uniti nel Paese. Ma la Russia arriva prima e il miglior piano statunitense va storto.

La politica degli Stati Uniti in Medio Oriente è ossessivamente fissata sul ‘cambio di regime’ in Siria da almeno un decennio, dall’invasione dell’Iraq nel 2003. (L’agenda neocon prevedeva cambi di regime in Iraq, Iran e Siria, ma è fallita quando i campi di sterminio in Iraq hanno deciso la geopolitica). È ovvio che l’intelligence russa ha preceduto sul campo il piano diabolico degli Stati Uniti creando il fatto compiuto in Siria. L’accordo faustiano di Washington e del presidente Barack Obama con la Turchia, autorizzando gli attacchi aerei in Siria (anche contro le forze governative), la fretta con cui Gran Bretagna e Australia aderivano alla missione dei bombardamenti degli Stati Uniti sulla Siria, le dichiarazioni della NATO, la sottovalutazione degli Stati Uniti delle misure energiche dietro le quinte di Mosca, avviando il processo di pace intrasiriano; i segnali rivelatori sul piano politico-militare erano abbondanti. Ma l’argomento decisivo sarebbe stato l’arrivo segreto dei russi. Con una rivelazione pubblica, durante un’intervista alla televisione di Stato, e probabilmente deliberata, il Ministro degli Esteri russo ha accennato al programma occulto statunitense in Siria dietro la cosiddetta lotta per ‘degradare e sconfiggere’ lo Stato islamico. Lavrov ha detto,

“Spero di non offendere nessuno dicendo che certi nostri colleghi, membri della coalizione, dicono che a volte hanno informazioni su dove e quali posizioni abbiano alcuni gruppi dello SI, ma che il comandante della coalizione, degli Stati Uniti naturalmente, non sarebbe stato d’accordo nell’attaccarli. I nostri colleghi statunitensi, fin dall’inizio dell’istituzione della coalizione, non sono andati abbastanza a fondo, l’idea sarebbe che abbiamo obiettivi altri da quelli dichiarati. La coalizione è stata formata molto spontaneamente: pochi giorni dopo averla dichiarata pronta e alcuni Paesi avervi aderito, cominciarono alcuni attacchi. L’analisi degli attacchi aerei della coalizione provoca strane impressioni. I sospetti sono (che), oltre all’obiettivo dichiarato di combattere lo Stato Islamico c’è qualcos’altro negli obiettivi della coalizione. Non voglio trarre alcuna conclusione, non è chiaro quali impressioni, informazioni e idee il comandante supremo possa avere, ma arrivano segnali del genere”.

Lavrov è un diplomatico di grande esperienza e brillante. Certamente non avrebbe fatto un’osservazione fuori dai denti come questa. A dire il vero, la guerra per procura in Siria ha acquisito un terribile bellezza. Lavrov ha gentilmente detto agli Stati Uniti di fare marcia indietro nel respingere la decisione della Russia di colpire le vene giugulari dello Stato islamico, altrimenti Obama s’infangherà. In termini semplici, Lavrov ha detto a Washington che Mosca conosce il gioco statunitense di promuovere lo SI come sua zampetta da infiltrare nel ventre della Russia, l’Asia centrale e il Caucaso del Nord. Naturalmente, l’intelligence russa è consapevole del fatto che centinaia di combattenti dalla Russia hanno aderito allo SI. (In realtà, Abu Omar Shishani, un ceceno, è un capo prominente dello SI). Data tale triste realtà, Mosca ha deciso di tracciare la linea rossa e concluso che lo SI è una minaccia significativa per le regioni musulmane del nord del Caucaso della Russia. La serietà con cui Mosca affronta tale minaccia incombente alla sicurezza nazionale è evidenziata dalla decisione del Presidente Vladimir Putin di visitare l’Assemblea generale dell’ONU a New York, a fine mese, per un appello alla cooperazione internazionale per sconfiggere lo SI. Parallelamente, l’intensificazione del coinvolgimento militare in Siria e l’apertura di una via diplomatica al podio delle Nazioni Unite hanno lo scopo di sconfiggere il tentativo degli Stati Uniti di ripetere la strategia della guerra fredda di usare l’islamismo contro la Russia, isolando Washington. La diplomazia russa recentemente è volta a sviluppare una vasta rete nel Medio Oriente. Lo sforzo sembra dare i primi frutti. È interessante notare che Lavrov aveva rivelato nell’intervista alla TV a Mosca, che gli alleati regionali degli Stati Uniti in Medio Oriente hanno dubbi sulle reali intenzioni di Washington verso lo SI. Anzi, è una splendida rivelazione. Allo stesso modo, Lavrov ha tolto il velo per far capire agli statunitensi che l’intelligence militare russa non solo ha tenuto sotto controllo le operazioni degli aerei militari statunitensi in Iraq, ma ha scientificamente analizzato i piani di volo statunitensi, e così via. In sintesi, i russi sembrano avere l’intelligence che dimostra ciò che gli iraniani dichiarano da tempo, cioè che aerei statunitensi riforniscono regolarmente lo Stato islamico. A dire il vero, l’assertiva mossa militare russa sulla Siria ha sorpreso Washington. Se non occupando la Siria, le opzioni di Washington per respingere i russi sono limitate. Grecia e Iran hanno detto alla Russia che forniranno spazio aereo agli aerei russi in volo per la Siria. (Washington aveva messo una stretta su Atene per far negare lo spazio agli aerei russi). Ma la peggiore sconfitta della strategia del contenimento degli Stati Uniti contro la Russia in Siria è data dal drastico cambio dello stato d’animo dei Paesi europei soggetti al problema dei rifugiati siriani. Il sistema dei visti di Schengen, fiore all’occhiello dell’Unione europea e simbolo dell’unità europea, all’improvviso ha fatto le valigie e i controlli alle frontiere sono riapparsi dappertutto. (Qui e qui).

L’appello della cancelliera tedesca Angela Merkel a che Europa e Russia cooperino sulla Siria da un’idea di ciò che accadrà. Ovviamente, Mosca vede come lo stato d’animo in Europa è sempre più sfavorevole agli statunitensi respingendone la strategia del contenimento contro la Russia, non solo in Siria ma anche in Ucraina. (Vedasi qui)

Il punto è che gli europei non possono accettare che siano chiamati dagli Stati Uniti a gestire i cascami della strategia segreta degli Stati Uniti alimentando la guerra civile per rovesciare il governo del Presidente Bashar al-Assad in Siria. Il presidente Obama intende preparare gli USA ad accettare un assaggino di 10000 rifugiati siriani l’anno prossimo, neanche una goccia nel mare visto che 4 milioni di persone, pari a un quinto della Siria, ha lasciato il Paese dall’inizio della guerra nel 2011. È il più grande disastro della politica estera della presidenza Obama. Gli Stati Uniti sono presi tra l’incudine e il martello. Difficilmente la Russia si fermerà nonostante il fastidio mostrato dagli Stati Uniti, dato che i suoi interessi fondamentali per la sicurezza nazionale sono interessati dalla lotta contro lo IS, dove ha bisogno della partecipazione delle forze governative siriane. D’altra parte, gli alleati regionali degli Stati Uniti e i neocon premono su Obama per ‘fare qualcosa’, mentre gli alleati europei, al contrario, chiariscono di voler porre fine al conflitto in Siria. L’unica possibilità per gli Stati Uniti sarà abbandonare lo SI e seppellire il piano per manipolare i gruppi islamisti quale strumenti della propria politica regionale e della strategia del contenimento contro la Russia. Ma non è così facile uccidere un proprio discendente.

Da Indian Punchline, 14 settembre 2015
Fonte in lingua originale: blogs.rediff.com

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Fonte della traduzione italiana: aurorasito.wordpress.com

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