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“La Francia in Costa d’Avorio”: Intervista a Tony Akmel

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È uscito da qualche mese, pubblicato da Nexus Edizioni, il saggio di Tony Akmel La Francia in Costa d’Avorio: Guerra e Neocolonialismo, che denuncia la reale situazione che questo Paese africano vive ormai da troppo tempo a causa della politica neocoloniale a cui è assoggettato. La stampa internazionale, tra l’altro, ha diffuso in molti casi informazioni incomplete o addirittura mendaci al riguardo, per cui colgo al volo l’opportunità di intervistare l’autore del libro.

Qual è il ruolo attuale del governo francese in Costa d’Avorio?
Il governo del presidente Hollande ha dichiarato di voler sviluppare relazioni chiare, trasparenti e oneste con la Costa d’Avorio e tutte le altre ex colonie. Egli intende richiamarsi al rispetto delle scelte sovrane. Per sottolineare questa sua volontà, quello che era il Ministero della cooperazione, anche chiamato “Ministero per l’Africa”, ormai è divenuto il Ministero per lo sviluppo.

Perché Laurent Gbagbo si trova in carcere con l’accusa di crimini contro l’umanità?
Durante lo svolgimento delle elezioni ci sono stati degli scontri a seguito dei brogli avvenuti nel nord del Paese; in essi morirono molte persone. Dopo la sua cattura ad opera delle forze francesi presenti nel Paese, la Corte dell’Aia ha richiesto il trasferimento di Gbagbo.

Ci spieghi cosa è accaduto al Presidente uscente Laurent Gbagbo?
Durante il secondo turno delle elezioni presidenziali, se nel sud del Paese, dove lo Stato funziona regolarmente, tutti i cittadini (sostenitori di entrambi i candidati) hanno potuto votare pacificamente, nelle regioni della parte nord i ribelli, fedeli a Ouattara, hanno malmenato tutti quelli che avrebbero potuto esprimere il loro voto a favore di Gbagbo. Non solo: le urne, prima ancora dell’apertura dei seggi, sono state riempite di schede di Ouattara al punto che, durante lo spoglio, le schede conteggiate superavano di gran lunga il numero degli iscritti nelle liste!!! Davanti a queste anomalie, il Presidente della Corte Costituzionale ha giustamente annullato i risultati in tre di quelle regioni. Emerge, pertanto, questa situazione: a seguito dell’esito elettorale, Ouattara otterrebbe la maggioranza nelle suddette regioni, secondo la non giusta decisione della Commissione Elettorale. Al contrario, annullando il voto per le irregolarità sopra denunziate, come sancito dalla Corte Costituzionale, Gbagbo risulterebbe il vincitore. Purtroppo, però, Gbagbo è stato considerato responsabile di scontri avvenuti non a causa del suo operato, ma a causa di chi vuole perseguire la vittoria, non con strumenti democratici, ma attraverso la violenza.

Nel tuo saggio, parli di “gangsterismo internazionale di Stato”. Cosa intendi esattamente?
Dopo le proclamazioni di indipendenza dagli anni Sessanta fino agli anni Ottanta, la Francia si è avvalsa dell’aiuto di cittadini locali per spodestare i presidenti che non soddisfacevano i suoi interessi. Un esempio lampante è l’uccisione, nel 1987, del presidente Thomas Sankara per mano dell’amico fraterno Blaise Compaoré, tuttora al potere nel Burkina Faso e che intrattiene stretti rapporti di amicizia con i vari presidenti francesi che si sono succeduti da allora.
A livello internazionale, definisco “gangsterismo di Stato” l’uso che la Francia talvolta fa del diritto di veto che possiede nel Consiglio di sicurezza: ad esempio fare adottare delle risoluzioni per bombardare i presidenti che giudica dei dittatori, come ha fatto con Ghedaffi. Assai più lampante è stata l’ingerenza nei confronti del presidente Gbagbo, che  avrebbe vinto le elezioni, secondo la Corte Costituzionale del proprio Paese.

La Costa d’Avorio è in realtà uno Stato ricco di risorse (petrolio, caffè, cacao in primis). Si tratta, molto semplicemente, dell’ennesimo caso di sfruttamento coloniale?
Certamente.  Nell’ambito della politica agricola, il presidente Gbagbo intendeva mettere in piedi una politica di liberalizzazione delle filiere (caffè, cacao), in modo da dare a ogni contadino la possibilità di vendere i propri prodotti all’acquirente finale, invece è stato frenato dalla ribellione armata del settembre 2002. Perciò, tuttora, sono le società di attività commerciale che comprano i prodotti per rivenderli e speculare. Un altro punto da non sottovalutare è l’assenza di gare d’appalto per la realizzazione delle grandi opere. Ossia, la costruzione delle infrastrutture (ad esempio strade, edifici ecc.) viene concessa ad aziende francesi che le attuano ad un costo superiore rispetto a una società di un’altra nazione, come potrebbero essere l’Italia, la Cina o il Giappone, che potrebbero realizzare gli stessi lavori a minor costo.

Cosa prevedono, in sintesi, gli accordi di Linas-Marcoussis?
Gli accordi di Marcoussis, voluti e promossi dal Governo francese nel gennaio 2003, prevedevano l’attribuzione di posti ministeriali nel governo di Gbagbo ai ribelli, purché rinunciassero alle armi; prevedevano, inoltre, la nomina di un Primo Ministro di consenso, il quale avrebbe assunto le prerogative dell’esecutivo a discapito del presidente legittimo. Gbagbo, pur di arrivare alla pace, ha dato il suo consenso alla designazione di questo Primo Ministro e ha assegnato i posti ministeriali ai movimenti ribelli armati. I ribelli, però, non hanno riconsegnato le armi, come prevedevano i medesimi accordi e, quindi, durante la consultazione del 28 novembre 2010, nel nord del paese, hanno malmenato, picchiato e violentato chiunque ritenevano che avrebbe potuto esprimere il proprio voto a favore di Gbagbo.

Quali sono le posizioni dell’ONU e di Amnesty International rispetto alla situazione?
La cosa buona è che l’ONU ha sempre cercato di fare rispettare il cessate il fuoco. Purtroppo, questa Organizzazione non indaga e soprattutto si avvale di un unico interlocutore. In questo caso, ha scelto la Francia che, con il suo status di membro permanente nel Consiglio di Sicurezza, ha presentato il presidente Gbagbo come il dittatore da togliere di mezzo. Amnesty International, nel suo rapporto stilato durante la crisi post elettorale (dal 28 novembre 2010 al 11 aprile 2011), ha denunciato le azioni commesse sia dai sostenitori di Gbagbo che di Alassane Ouattara. In un successivo  rapporto del 26 ottobre 2012, ha denunciato che il governo Ouattara detiene  in carcere, in modo arbitrario, più di 200 persone vicine a Gbagbo.

Tony, dal punto di vista di un cittadino ivoriano, quali possono essere le soluzioni per uscire dalla crisi che attanaglia il tuo Paese?
Ormai, la Francia ha designato e posizionato Alassane Ouattara e a questo punto è giusto che finisca il suo mandato con la relativa e totale dipendenza che ciò comporterà per la Costa d’Avorio nei confronti della Francia.
Vorrei invitare i miei connazionali, e in generale gli africani, in caso di elezioni a non schierarsi con i candidati sulla base dell’appartenenza etnica o religiosa, ma a prendere coscienza di che cosa comportano realmente i vari programmi di governo proposti loro da ogni candidato.

 

Fonte: http://www.sulromanzo.it/blog/la-francia-in-costa-d-avorio-guerra-e-colonialismo-intervista-a-tony-akmel

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