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Il vero compito di Monti

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IL VERO COMPITO DI MONTI

di Stefano Serafini

Leggo l’articolo di Giulietto Chiesa intitolato “Il ricattatore”,[1] nel quale il presidente di Alternativa denuncia la raggelante ipocrisia di Mario Monti, quando parla di manovre “giuste e solidali”. Chiesa ha ragione, l’esecutivo sta predisponendo lo sfacelo sociale dell’Italia.

Il quadro che egli tratteggia tuttavia manca secondo me di un elemento fondamentale, senza il quale è impossibile anche solo tentare di realizzare l’augurio con il quale chiude l’articolo, cioè quello di far cadere questo governo non eletto prima che sia troppo tardi. Esso cioè non si domanda quale sia il vero compito di Monti.

Innanzitutto constato con piacere che, nonostante la teatralità molto ben scelta del ministro Fornero, babau dei lavoratori italiani, Chiesa si tiene moderatamente a distanza dal dibattito che infuria sui media a proposito dell’articolo 18. Ovviamente la modifica della legislazione del lavoro è fonte di preoccupazione, ma stiamo ai fatti. Cosa conta l’articolo 18 nel contesto attuale di distruzioni finanziarie di intere nazioni, a partire dalla nostra? Più o meno quanto la caccia agli evasori, cioè pochissimo.

Chiediamolo a un sindacalista vero, di quelli lontani dalle telecamere, o a un piccolo industriale, …

… quante volte vi hanno avuto a che fare in vita loro. Ma soprattutto rendiamoci conto che su di esso – a differenza di quanto vogliono far credere le parti in causa – non si decide un solo posto di lavoro in più o in meno. Accettare come autentico l’apparente braccio di ferro su tale argomento fra il cosiddetto governo del Paese, e i cosiddetti sindacati dei lavoratori, equivale ad accettare di litigare su quale musica debba suonare la famosa orchestra del famoso Titanic che affonda.

I posti di lavoro, il gettito fiscale, la produttività, lo stato sociale, sono tutte barchette di carta nel gorgo possente della finanza internazionale che detiene le leve del debito e del sistema che lo alimenta, e con un semplice click può ingoiare in poche ore dieci anni di politica presunta rigorista.

Quindi, ancora una volta, si tratta di un polverone che ci stanno rifilando i soliti politicanti (dell’uno e dell’altro lato del tavolo) insieme ai soliti cosiddetti giornalisti.

Ma a cosa serve questo polverone? Escludendo ovviamente che Monti sia interessato a riformare quel poco di socialismo che ancora caratterizza la legislazione italiana del lavoro per furia ideologica liberista (se non altro perché il liberismo è l’opposto mortifero di qualunque passione ideologica), sorge un legittimo sospetto appena si alzano gli occhi dai giornali e li si punta sulla vera economia del Paese.

Naturalmente bisogna avere memoria per vedere. Ricordarsi ad es. dei tentativi degli ultimi anni, andati di pari passo con le minacce internazionali al governo Berlusconi culminate nell’orrore della guerra libica, di scalare il gruppo ENI, vera spina dorsale della nostra ricchezza e della nostra forza geopolitica. E ancor prima, rammentarsi la storia del ladrocinio – definito eufemisticamente “privatizzazione” – ai danni delle società a partecipazione statale italiane, iniziato in concomitanza al crollo dell’Unione Sovietica: una serie di spolpamenti che fece crollare il nostro Paese dalla 7ma alla 30ma posizione fra i Paesi più sviluppati del mondo. [2]

I gruppi finanziari mangiano la carne cruda dei lavoratori solo quando hanno finito la ciccia vera, ed è la fine di quella ciccia a preparare l’ecatombe. Allora, cosa c’è ancora di veramente divorabile in Italia? Cosa fa del nostro Paese ancora una realtà capace di forza economica e soprattutto geopolitica, lasciandogli ancora alcune carte da giocare sullo scacchiere globale dove si decidono le sorti di interi popoli? Leggiamo:

ll Consiglio di Amministrazione di Snam, riunitosi ieri sotto la presidenza di Salvatore Sardo, ha approvato il bilancio consolidato e il progetto di bilancio di esercizio di Snam per il 2011, che chiudono rispettivamente con l’utile netto di 790 e 693 milioni di euro, confermando i risultati preliminari di preconsuntivo e l’utile netto consolidato adjusted di 978 milioni di euro annunciati il 14 febbraio 2012.[3]

E ancora prima, dallo stesso sito:

Martedì 13 marzo alle ore 15 presso gli headquarters di Snam, a San Donato Milanese, l'Amministratore Delegato Carlo Malacarne presenta il piano strategico 2012-2015 della Società.

La presentazione costituisce l’occasione per comunicare agli stakeholder gli investimenti e gli obiettivi di Snam per i prossimi quattro anni, finalizzati allo sviluppo del sistema italiano delle infrastrutture del gas e all’espansione all’estero, con l’obiettivo di contribuire a fare dell'Italia un hub del gas per il Sud Europa.

Nei prossimi anni per il mercato del gas si prevede una crescita progressiva della domanda, accompagnata dalla necessità di avere maggiori garanzie per la sicurezza degli approvvigionamenti e la flessibilità del sistema.

Snam è oggi nelle condizioni di cogliere le opportunità connesse all'attuazione del Terzo Pacchetto Energia Ue e realizzare le condizioni per la creazione di un “gas-hub” per il sud Europa che permetta di trasformare l'Italia da Paese consumatore a sistema di transito del gas, data la sua strategica posizione geografica che la vede un crocevia naturale dei principali flussi di gas dai Paesi produttori ai Paesi consumatori.[4]

L’annuncio sta parlando del South Stream, il gasdotto russo a grande partecipazione italiana che libererebbe l’Europa da buona parte della dipendenza statunitense, mediata da stati satellite come l’Ucraina e la Polonia (ricordate le “guerre del gas” che si accendono ogni inverno, minacciando di lasciare a secco le industrie europee?), e contro il quale sono state mosse tutte le operazioni geopolitiche e militari di area degli ultimi dieci anni.

Ho il sospetto che l’ultima grande privatizzazione contro il cuore del sistema Italia, la privatizzazione di SNAM, sia il vero obiettivo di Monti e dei suoi padroni, nel quadro della definitiva sudditanza del Paese al sistema finanziario internazionale che ha il suo principale braccio armato in ciò che resta degli Stati Uniti d’America. Un crimine al cui confronto il resto è solo teatro da cavallette.

Vorrei aggiungere a questa breve nota un invito. Se tutto ciò ha un senso, c’è qualcuno che può aggiungere all’articolo di Chiesa un’ipotesi concreta su come far cadere il governo? E su come far sì che la sua caduta non sia solo un altro pezzo di teatro delle cavallette, ma sia capace almeno di graffiare l’intero sistema corrotto che ci sta spolpando vivi?

Stefano Serafini
Membro del Comitato scientifico di Alternativa


[2] Si leggano Massimo Pini, I giorni dell’IRI. Storie e misfatti da Beneduce a Prodi, Milano, Mondadori, 2004, e l’ormai quasi introvabile Antonio Venier, Il disastro di una nazione. Saccheggio dell'Italia e globalizzazione, presentazione di Bettino Craxi, Padova, Edizioni di Ar, 1999, di cui si trova una mia recensione, apparsa su Diorama Letterario 249 (gennaio 2002), pp. 25-27, qui:http://digilander.libero.it/culturaviva/venier.htm.



FONTE: Megachip
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