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I nemici del talento

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Perché si nasce con una simile, preziosa eredità? L’ipotesi è che si tratti di semi destinati a germogliare per divenire Sé stessi; si legge nell’opera di Platone Apologia di Socrate: “C’è dentro di me non so quale spirito divino e demoniaco.” Ecco come il grande filosofo greco definì il seme designato a divenire pianta; con il nome Daimon – contenuto tra l’altro nella parola eudaimonia, che significa felicità – egli intese colui che porta al risveglio e conduce verso la Luce. […] Riconoscere e coltivare questo potenziale intimo e divino ci permette di evolvere, attraverso il compimento del destino scelto, secondo la sacra legge del Dharma. “Dharma” é una parola in lingua sanscrita che tradotta in Tibetano significa semplicemente “azione buona, realizzazione interiore o qualità di base”. Quest’antica legge cosmica afferma che ciascun essere umano esiste nella dimensione terrena al fine di realizzare uno scopo, un progetto. […] Il talento conduce quindi l’uomo a “conoscere Sé stesso” e a diventarlo, guidato dalla voce dell’Anima che lo conduce verso la piena realizzazione di sé. […] Scoprendo questo potenziale intimo diviene padrone indiscusso della propria esistenza e conoscitore del mondo reale: così la Vita lo incorona Re. Si può allora intuire il motivo per cui esiste un numero ancora esiguo di talentuosi: la “società”, intesa come “sistema”, perderebbe un certo dominio sul singolo se ogni essere iniziasse a sintonizzarsi sulla “frequenza di risonanza” del talento; nel giro di poco tempo assisteremmo al crollo dei poteri forti, quelli che lo rendono membro, affiliato, adepto e seguace domabile di innumerevoli correnti. […] Divenire Artisti, in fondo, significa riconoscere sé, risvegliandosi all’ascolto della Verità che in ciascuno di noi riposa…

L’uomo del nostro tempo è così integrato nelle proprie corazze da non riuscire più a sentire la propria missione e prendersi cura dei talenti che custodisce: spesso sceglie strade che danno garanzie di sicurezza lavorativa, di sviluppo del potere personale – come stato sociale – ma non di esprimere ciò che ha dentro. Il talento è collegato e si nutre dell’energia creativa di ciò che molti studiosi di metafisica chiamano “scintilla divina”: esso è un fuoco interiore, un Potere elevato che assiste l’Uomo nella piena realizzazione di ciò che è e che lo rende capace di co-creare. […] A tal proposito, nell’espressione della qualità individuale, vi è il dono di sé; ecco allora che l’estro diviene dono da offrire agli altri, al servizio, e quando questo succede accade che si sperimenti il cielo in terra, il godimento dell’Anima, la gioia dello Spirito, meta ambita tra le mete. […] Quando una persona si approccia alla Conoscenza del sé, spesso lo fa perché si trova in un momento di “crisi” e chiede conferme, cerca indicazioni per il procedere. Allora il Genio insito in ciascuno, sentendosi richiamato dal fuoco vitale del desiderio di risposte e di Conoscenza, esce dalla lampada per inondare di doni Colui che cerca. Eseguito ciò, finalmente, gli antichi talenti riaffiorano, stabiliti dall’anima ancora prima di prendere corpo. Sono virtù avvinghiate da tempo nelle zone remote delle memorie, nei forzieri dell’inconscio, nei reconditi recessi dell’anima, nelle stanze mezze illuminate del Cuore; quando quel fiore sboccia… l’uomo scopre quel “qualcosa” e si accorge di farlo bene e mentre esegue l’opera si rende conto che il tempo s’annulla, s’inviluppa lo spazio. Avverte di essere Sé stesso e, nello stesso tempo, tutto ciò che lo circonda; fiorisce la certezza che nessuno possa eseguire un così sublime componimento; che nessuno lo possa con tanto Amore, con tale spontaneità e facilità, con simile profondo ardore ed estrema sicurezza

 

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