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(I) Le Quiete Acque di Marte di Paolo C. Fienga

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La Vista – come abbiamo detto e scritto molte altre volte – è un senso meraviglioso eppure, nel suo essere meraviglioso, spesso, è "ingannevole".

Certo, è così, e ne siamo consapevoli.

Tuttavia la Vista è pur sempre il Primo (e più importante) Senso ad essere usato per lo svolgimento e nello svolgimento della quasi totalità delle azioni umane, quotidiane e non.
Nel nostro Campo, poi, esso – ed almeno a nostro parere – è semplicemente fondamentale: noi, infatti, che cerchiamo di fare ricerca ed analisi sullo stato attuale del Pianeta Rosso (e, come ovvio, non possiamo andare su Marte a vedere e valutare di persona come le cose stiano effettivamente), dobbiamo avvalerci, per svolgere il nostro Lavoro, del mezzo fotografico.

Ed il “mezzo fotografico”, alla fine, poggia sulla Vista.

Noi selezioniamo immagini, le ripuliamo (digitalmente), le colorizziamo (a volte), le processiamo e quindi – ed infine – cerchiamo di interpretarle.

L’attività di interpretazione, si sa, è un’attività – per sua stessa natura – “fallibile” (o soggetta ad errori, se preferite) e quindi, quando la Materia trattata ed interpretata (o da interpretare) è particolarmente complessa, diviene necessario usare la massima cautela e prudenza.

Il tema che trattiamo in questo primo capitolo delle nostre “Cronache” attiene la possibile presenza di acqua sulla superficie di Marte (che l’acqua sia presente nelle profondità del Pianeta Rosso sembra ormai un dato sostanzialmente acquisito) e, in particolare, l’eventuale esistenza di depositi d’acqua – ora ghiacciata ed ora allo stato liquido e/o semi-liquido – sul fondo di Crateri o di altri rilievi idonei ad ospitare la presenza di liquidi (e quindi parliamo di canali, crepe, subsidenze – od aree collassate – etc.).

Ciò detto, riteniamo importante concentrarci, in primis, sui Crateri Marziani e, al fine di evitare, per quanto possibile, il verificarsi di sviste, errori e malintesi, abbiamo anche pensato di creare due "Macro-Classi" di Crateri: quelli "umidi" (o “wet craters”) e e quelli "asciutti" (o “dry craters”).

Naturalmente, una volta premessa l’esistenza di una siffatta classificazione, ecco che il fatto di proporre un’immagine idonea a stabilire una immediata comparazione fra i crateri appartenenti sia all’una che all’altra delle due Classi sopra accennate, ci può essere di grande aiuto per capire bene il cuore della questione.

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L'immagine più grande (ed in b/n) è tratta da un frame Mars Odyssey il quale ci mostra un cratere senza nome, individuato nella Regione Nordica di Vastitas Borealis e sul cui fondo si è creato un Lago Ghiacciato.
In basso a Sx, invece, abbiamo collocato un cratere "secco" (e caratterizzato dalle tipiche dunette che abbiamo già visto – anche molto da vicino – sia sul fondo di Endurance, sia sul fondo di Victoria Crater).
Nel frame posto al di sopra di quello relativo al cratere "secco" e quindi nel frame a colori posizionato in alto a Dx, abbiamo sistemato due crateri "umidi".
Due crateri che abbiamo localizzato, grazie ad un frame unitario MRO – Mars Reconnaissance Orbiter – nella Regione temperata di Solis Planum (a circa 25° Lat.Sud).

Ora, sebbene la Vista possa ingannare (repetita juvant…), la differenza fra il cratere "secco" e gli altri 3 crateri "umidi" a noi sembra piuttosto evidente.

Pensate: il fondo di un cratere totalmente "secco" si può presentare, nella stra-grande maggioranza dei casi, sia assolutamente liscio e dalla concavità ben definita e sia, come pure abbiamo visto frequentemente, ricoperto (in tutto od in parte) da "dunette" simili a quelle dei Crateri Endurance e Victoria.

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Il fondo di un cratere "umido" (in tutto od in parte), invece, si mostra "velato" e la visibilità della sua forma concava (specie nel suo punto più basso, vale a dire il vertice inferiore della depressione) viene, in qualche modo, fortemente limitata.

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Insomma: alla vista, è come se, poco prima del suo fondo, fosse stato steso un "pavimento" pianeggiante ed opaco il quale, operando anche dei modesti ingrandimenti dell'immagine, rivela una tessitura decisamente omogenea e, talvolta, caratterizzata da lievi increspature. Increspature che, a ben guardare, possono ricordare (guarda caso…) proprio le "dunette" dei "crateri secchi".

Se il liquido presente sul fondo del cratere è, invece, gelato, allora l’elemento decisivo per l’identificazione del possibile “Lago Ghiacciato” deve essere rinvenuto nell’albedo (o capacità di riflessione della luce e, in questi casi, di regola molto elevata) del materiale depositato.

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La nostra Teoria (anzi: una sua porzione che, per noi, è stata anche il punto di partenza) è che le “dunette” che abbiamo incontrato su un numero impressionante di crateri – così come su innumerevoli altri rilievi idonei al contenimento dei liquidi – sìano l’espressione visibile del Quarto Stadio del Ciclo dell’Acqua esistente sulla Superficie di Marte in generale ed all’interno dei Crateri di Marte in particolare.

Ma eccoVi, per maggior chiarezza, il Modello/Ciclo Completo

1° Stadio: il cratere (o il canale, la depressione superficiale etc.) viene invaso dalle acque che, per un certo periodo di tempo, rimangono al suo interno;

2° Stadio: le acque, che sono in movimento (un movimento determinato, in alcuni casi, dalla semplice gravità e, in altri, dall’occorrere di eventi atmosferici esterni), ricevono quasi costantemente sabbie e polveri le quali, a loro volta, le rendono “sporche” e, ovviamente e soprattutto, più dense;

3° Stadio: le acque, ora decisamente dense, rallentano il loro moto e, a causa di eventi ancora non totalmente noti né spiegati (ma probabilmente connessi al verificarsi di un singolo evento cataclismico il quale coinvolse Marte nella sua globalità), iniziano ad evaporare (in parte) e/o a ritrarsi (in parte);

4° Stadio: le acque spariscono e, al loro posto, rimangono (soprattutto nelle zone più lungamente occupate dal prezioso liquido) le “dunette” le quali altro non sono che il residuo delle polveri e delle sabbie che avevano concorso ad addensarle;

5° Stadio: gli agenti atmosferici eliminano anche le suddette “dunette” e, delle acque (più o meno dense) che, un tempo, avevano riempito crateri, letti di fiumi, crepe del suolo ed altri canali e canaletti, non resta più traccia.

Al momento attuale, la nostra ipotesi è che la quasi globalità del Ciclo dell’Acqua Marziana si trovi a cavallo fra il 4° ed il 5° Stadio del nostro Modello.

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Continuiamo.

Una premessa fondamentale di questo Lavoro, come ci pare ovvio, è che sulla superficie di Marte esista, anche oggi, dell’acqua.
In particolare, a nostro parere, sul fondo di innumerevoli crateri Marziani dovrebbero esistere dei veri e propri “water reservoirs” (o “depositi d'acqua”).

Acque ghiacciate, in moltissimi casi (diremmo certamente ghiacciate in tutti i crateri "umidi" che si trovano nelle Regioni poste ad elevate latitudini) ed acque probabilmente ancora – o "di nuovo"… – allo stato liquido nelle altre Regioni Marziane e, in particolare, in quelle poste sull’Equatore ed a ridosso dell'Equatore (diciamo le Regioni Temperate di Marte).

Stiamo quindi parlando, nel caso delle acque presenti nelle Regioni Temperate del Pianeta Rosso, di acque che diventano “liquide” (molto probabilmente) a partire dalla tarda Primavera di Marte e che rimangono tali sino alla sua piena Estate.
Acque "sporche" e fangose, quasi certamente – acque alle quali, cioè, si sono miscelate sabbie e polveri in abbondanza –, ma decisamente (e pur sempre) acque liquide o semi-liquide.

Se queste acque, nel tempo, evaporano o vengono assorbite dal suolo, quello che rimarrà sul fondo del cratere (ora “non più”) “umido” (o del rilievo superficiale che ospitava le acque – canale, crepaccio o quant’altro) saranno proprio le dunette (dall’apparenza fangosa) che abbiamo visto e che vediamo in un numero impressionante di frames.
Se esse, invece, "gelano", quello che vedremo, allora, sarà ciò che appare nei Laghi Nordici che abbiamo recentemente individuato, e cioè superfici lisce o appena increspate e dall’albedo estremamente elevata: chiari indici della presenza di più che discreti quantitativi di ghiaccio d’acqua esposto ai raggi del Sole.
Se queste acque, infine, resteranno liquide (ancorché assai dense, fangose e sporche), allora ciò che vedremo potrebbe essere proprio quello che appare, ad esempio, nel frame MRO relativo alla Regione di Solis Planum.

I crateri (o i canali e gli altri rilievi idonei al contenimento di liquidi) i quali NON hanno mai contenuto depositi d'acqua, oppure i cui depositi si sono prosciugati ormai da ere, si presenteranno agli “occhi” delle Sonde che li riprendono da svariate centinaia di chilometri di altezza con fondi concavi e ben delineati, totalmente lisci e levigati e con scarsi (o addirittura nulli) depositi visibili di sabbie e/o polveri.

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Secondo noi, questo Modello (il “Modello Lunexit”) è un Modello coerente con quanto si può dedurre ed interpretare logicamente attraverso l’osservazione e l’analisi dettagliata delle immagini di Marte (orbitali e non) che ci pervengono, ormai ogni giorno, da anni.
D’altro canto, il Modello Lunexit – e ne siamo ben consapevoli – non è assolutamente congruente né compatibile con i dati ufficiali NASA relativi allo stato attuale dell’atmosfera di Marte (in termini di densità, componenti maggiori, pressione al datum e, last but not least, tenutosi anche conto della temperatura media del Pianeta).

Questo è quanto, ed ora dovete giudicare Voi, naturalmente.

Noi, in tutta sincerità, siamo sostanzialmente convinti della intrinseca validità di questo Modello (il quale potrà anche contenere degli errori e delle imperfezioni, ma dovrebbe rimanere comunque valido nelle sue linee generali).

E comunque sia – quindi ammettendo di essere nel giusto – resta in ogni caso un quesito al quale, al momento, non possiamo assolutamente rispondere con certezza, ed esso riguarda il ”divenire” di Marte.
La “direzione” intrapresa dalla sua Storia.

Ci spieghiamo meglio: Marte è morto o sta morendo? Oppure Marte è già vivo o sta or ora ritornando a vivere?

Questa è la domanda.

E questo significa, in altre parole, che noi non sappiamo se i "crateri umidi" che riteniamo di avere individuato (al pari di quelli contenenti acque ghiacciate o parzialmente ghiacciate) sono solo un "residuo" – un remnant, come dice il Prof. Hoagland – di ciò che Marte fu, in un più o meno remoto passato, oppure se essi esprimono un piccolo "anticipo" di ciò che Marte si accinge a divenire in un – sempre più o meno – prossimo futuro.

Un bel quesito, questo (anche se non riguarda “ziqqurat”, “edifici” e “monumenti vari”), non credete?!?

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