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Disturbi mentali e carenze nutrizionali: il fattore Malva

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“Per ogni farmaco che altera la biochimica del cervello al fine di dare beneficio ad un paziente psichiatrico, esiste una combinazione di micronutrienti per raggiungere il medesimo risultato, ma senza effetti collaterali” 

Dott. Carl C. Pfiffer (1908-1988)

Depressione, ansietà, iperattività, deficit di attenzione, disturbo bipolare, schizofrenia, sono solo alcuni dei tanti disturbi mentali che affliggono sempre più persone che vivono nella civiltà moderna. La psichiatria ufficiale attribuisce la colpa praticamente ad ogni cosa, eccetto che a carenze di micronutrienti.

Esiste una correlazione dimostrata tra carenze nutrizionali e disturbi mentali?

La scoperta di un'associazione tra deficit nutrizionali e disturbi psichiatrici risale al 1958, quando i medici canadesi A. N. Payza e D. G. Irvine, del gruppo di ricerca diretto dal dott. Abram Hoffer, trovarono una sostanza sconosciuta di colore violaceo, sia nelle urine di pazienti volontari sani a cui era stata somministrata la droga psichedelica LSD, sia nelle urine di pazienti psichiatrici a cui non era stata somministrata la medesima droga. Questa sostanza sconosciuta venne chiamata “fattore malva”.

Il dott. Hoffer scoprì che la presenza di elevati livelli di fattore malva erano di frequente riscontro nelle urine di pazienti schizofrenici, ma anche in pazienti depressi, ansiosi, in bambini con disturbi del linguaggio e del comportamento e negli alcolisti. Elevati livelli di fattore malva vennero invece trovati raramente in pazienti non psichiatrici. Hoffer definì questa condizione “malvaria”, dimostrando che nei pazienti schizofrenici l’assunzione di elevate dosi di vitamina B3 determinava la scomparsa del fattore malva nelle urine, con una remissione dei sintomi associati alla patologia. Se l’assunzione di vitamina B3 veniva interrotta, il fattore malva si ripresentava nelle urine, e con esso anche i sintomi della schizofrenia. Studi successivi hanno verificato la presenza del fattore malva in pazienti affetti da molte altre tipologie di disturbi legati alla sfera cognitiva, affettiva e comportamentale.


FIGURA 1: Elevati livelli di fattore malva (HPL) riscontrati in specifiche condizioni patologiche – Fonte: tradotto da McGinnis et al., 2008


Nel 1969, il dott. Irvine identificò la struttura chimica del fattore malva come kriptopirrolo (KP), sostanza appartenente al gruppo dei pirroli, molecole che rientrano ad esempio nella struttura dell’emoglobina (la proteina che lega il ferro nei globuli rossi). Venne notato che la struttura chimica del kriptopirrolo era analoga a quella di altre sostanze note per essere tossiche per la funzione cerebrale, presenti ad esempio nell’LSD (1). 

L’utilizzo di tecnologie più recenti ha permesso di identificare in modo più accurato il “fattore malva” come HPL (hydroxyhemopyrrolin-2-one), un’altra sostanza appartenente al gruppo dei pirroli. Kriptopirrolo (KP) e HPL sono molecole simili ma non identiche. È stato quindi definito che il vero fattore malva è l’HPL, non il kriptopirrolo (KP), quindi i termini fattore malva e HPL si possono quindi considerare sinonimi (2).


FIGURA 2. Confronto tra la molecola del Fattore Malva (HPL) e quella del Kriptopirrolo (KP) – Fonte: tradotto da McGinnis et al., 2008

Tuttavia negli studi che furono realizzati dal dott. Hoffer, e parallelamente dal dott. Carl Pfeiffer al Brain Bio Center in Princeton (New Jersey), il fattore malva veniva sempre nominato come “kriptopirrolo”, tanto che Pfeiffer ridefinì la presenza di elevati livelli di fattore malva nelle urine come “Pirroluria” (3). Sulla base delle evidenze mostrate, il termine corretto per identificare questa sostanza è “Fattore Malva (HPL)”.

Elevati livelli di fattore malva possono determinare carenze nutrizionali?

Si, in quanto il dott. Pfeiffer dimostrò che il fattore malva è in grado di legarsi alla vitamina B6 e allo zinco (3), impedendo a queste molecole di svolgere le loro funzioni metaboliche e determinando una carenza cronica di questi importanti microelementi. Sia la vitamina B6 che lo zinco sono cofattori in molte reazioni enzimatiche, oltre che necessari per la sintesi di proteine come l’eme (che entra a far parte della struttura dell’emoglobina oltre che di molti enzimi antiossidanti) e di neurotrasmettitori come la serotonina, la dopamina, il GABA, ecc… indispensabili per mantenere il sistema nervoso in equilibrio.

 

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La piridossina è la vitamina B6 non ancora attivata, e che quindi non svolge alcuna funzione a livello biologico. Affinché la piridossina venga trasformata nella sua forma attiva, il P5P (piridossale-5-fosfato), sono necessari adeguati livello di zinco. Ma dato che il fattore malva sottrae dal corpo anche lo zinco, il risultato sarà una carenza cronica di P5P, oltre che di zinco, sia nei globuli rossi che nei globuli bianchi.


FIGURA 3. Rapporto tra l’indice di attività dell’enzima EGOT (per misurare l’attività della vitamina B6) e il livello di fattore Malva (HPL) – Fonte: tradotto da McGinnis et al., 2008

* la valutazione del livello di attività dell’enzima EGOT (erythrocyte glutamate-oxaloacetate transaminase) viene utilizzata per determinare il livello di attività della vitamina B6 nell’organismo, in quanto l’EGOT viene attivato dal piridossale-5-fosfato (vitamina B6 attiva)


FIGURA 4. Rapporto tra il livello di zinco presente nei globuli bianchi e il livello di fattore Malva (HPL) – Fonte: tradotto da McGinnis et al., 2008


FIGURA 5. Rapporto tra il livello di zinco presente nei globuli rossi e il livello di fattore Malva (HPL) – Fonte: tradotto da McGinnis et al., 2008


Nel corso dei suoi studi, il dott. Pfiffer fece assumere dosi elevate di vitamina B6 e zinco a molti pazienti psichiatrici che presentavano alti livelli di fattore malva nelle urine, riscontrando miglioramenti significativi nei loro sintomi. Maggiori erano i livelli urinari di fattore malva e maggiori dovevano essere le dosi di vitamina B6 e zinco.
In una condizione di carenza di vitamina B6 il nostro organismo non è in grado di convertire il triptofano nel coenzima NAD (nicotinamide adenin dinucleotide), sintetizzato anche a partire dalla vitamina B3. La carenza totale di NAD da origine alla Pellagra, malattia i cui sintomi comprendono anche demenza e una vasta gamma di alterazioni neurologiche. Risulta plausibile che anche un’alterazione cronica nella produzione di NAD, dovuta ad una carenza di vitamina B6, possa dare origine ad una forma di Pellagra meno grave, ma che possa ugualmente dare origine a sintomi neurologici (4).
Non appare quindi un caso che la carenza cronica di vitamina B6 e zinco possa generare molti dei disturbi mentali e di altri sintomi clinici che vengono comunemente riscontrati nei pazienti psichiatrici: scarsa capacità di ricordare i sogni, macchie bianche sulle unghie, smagliature della pelle, dolore alle articolazioni, acne, allergie, tensione addominale, nausea mattutina, pelle chiara che fatica ad abbronzarsi, ipoglicemia, amenorrea (assenza delle mestruazioni), impotenza, iperattività/deficit di attenzione, intolleranza allo stress/agli odori/ai rumori, rabbia esplosiva, ansietà, depressione, paranoie, autismo, disturbo bipolare e altri (1).


FIGURA 6. Sintomi e segni clinici di frequente riscontro nei pazienti con elevati livelli di Fattore Malva (HPL) nelle urine – Fonte: tradotto da McGinnis et al., 2008


Qual è la conseguenza più importante di una carenza cronica di zinco e vitamina B6?

L’aumento dello stress ossidativo e quindi l’aumento dei danni che subisce l’organismo, in particolare il sistema nervoso. Infatti una carenza cronica di zinco e vitamina B6 determina una riduzione nella produzione di eme, molecola fondamentale non solo nella sintesi dell’emoglobina dei globuli rossi, ma anche nella produzione di energia e nella detossificazione dell’organismo ad opera degli antiossidanti.

È sufficiente pensare che ogni singola molecola dell’enzima catalasi, antiossidante fondamentale per neutralizzare il radicale libero perossido di idrogeno, richiede 4 molecole di eme. Se è presente un eccesso di perossido di idrogeno, molte molecole nel corpo verranno danneggiate, ad esempio i melanociti, con la conseguenza di una minore produzione di pigmenti nella pelle e nei capelli. Il risultato sarà una pelle bianca che si abbronza difficilmente e capelli grigi. La carenza di zinco peggiora ulteriormente la situazione, in quanto è un cofattore necessario nella produzione di melanina ed è importante per proteggere i melanociti dallo stress ossidativo (è stato osservato che una carenza di zinco genera una depigmentazione nel pelo dei topi).

Oltre alla riduzione nella produzione dell’enzima catalasi, viene alterata anche la sintesi di altri importanti enzimi eme-dipendenti che aumenteranno i livelli di stress ossidativo nei soggetti con alto malva. Ad esempio una riduzione nella produzione del gruppo di enzimi citocromo p450, che porta ad una maggiore sensibilità ai farmaci e alle tossine.

La presenza di elevati livelli di fattore malva nelle urine determina anche una riduzione del glutatione (GSH), uno dei più importanti antiossidanti prodotti nel nostro organismo, oltre che un aumento dell’ossido nitrico, tutti fattori che determinano un ulteriore incremento dello stress ossidativo (2).


FIGURA 7. Rapporto tra il livello di glutatione (GSH) plasmatico e il livello di fattore Malva (HPL) – Fonte: tradotto da McGinnis et al., 2008

 


FIGURA 8. Rapporto tra il livello di enzima Catalasi e il livello di fattore Malva (HPL) – Fonte: tradotto da McGinnis et al., 2008


Esiste una correlazione tra stress ossidativo e insorgenza di disturbi mentali?

Sì, è stata dimostrata una correlazione significativa tra elevati livelli di stress ossidativo e l’insorgenza di numerosi disturbi mentali come depressione, ansietà, disturbo bipolare e schizofrenia. Il cervello è infatti un ambiente particolarmente suscettibile ai danni generati da un aumento dello stress ossidativo, inteso come uno sbilanciamento tra produzione interna di antiossidanti e di specie reattive dell’ossigeno (ROS, ossia i radicali liberi maggiormente prodotti nel corpo).
È stato inoltre osservato che il solo stress emozionale è in grado di aumentare lo stress ossidativo a livello cellulare (5).


FIGURA 9. Ipotesi di relazione tra Fattore Malva (HPL), stress emozionale e stress ossidativo – Fonte: tradotto da McGinnis et al., 2008


Per quale motivo alcune persone presentano maggiori livelli di fattore malva nelle urine?

Apparentemente tutti gli esseri umani presentano piccoli quantitativi di fattore malva nelle urine, ma il motivo per cui certe persone ne presentano quantitativi molto elevati non è stato ancora stato chiarito in modo definitivo. È stato ipotizzato che l’eccesso di questa sostanza potesse derivare da fonti alimentari, dalla sintesi o dalla degradazione dell’eme presente nei globuli rossi, dalla degradazione della bile o della bilirubina, ma nessuno di queste ipotesi è stata mai confermata in modo definitivo. 

È stata invece messa in evidenza una correlazione significativa tra l’aumento della permeabilità intestinale e l’aumento del Fattore Malva (HPL), il che permetterebbe di ipotizzare un coinvolgimento della flora batterica intestinale nella produzione di questa sostanza.
La Sindrome della permeabilità intestinale (Leaky Gut Syndrome) è una condizione in cui le cellule dell’intestino non sono più sufficientemente unite tra loro, e quindi non sono più in grado di impedire che microorganismi e molecole estranee attraversino la barriera intestinale. 

Il dott. A. Sohler ha ipotizzato che l’aumento dell’escrezione urinaria di fattore malva sia collegata ad un aumento della permeabilità intestinale causato da stress fisici ed emozionali, il che permetterebbe al Fattore Malva (HPL) di entrare nel circolo sanguigno. L’ipotesi sembra plausibile, dato che diversi studi hanno dimostrato che lo stress psicofisico è in grado di aumentare l’infiammazione e quindi la permeabilità intestinale, testimoniato dal riscontro nelle urine di metaboliti derivanti dalla degradazione della bilirubina o del triptofano ad opera dei batteri intestinali, che normalmente dovrebbero rimanere all’interno dell’intestino ed essere espulsi con le feci.

Va inoltre sottolineato che il dott. Pfeiffer dimostrò in modo inequivocabile, nel corso delle ricerche condotte dal suo teamche il fattore malva aumenta in presenza di qualunque tipo di stress, e che i livelli di questa sostanza aumentano o si riducono continuamente, a seconda dell’aumento o della riduzione dello stress a cui un soggetto è sottoposto (2).

Come contrastare gli effetti di un eccesso di fattore malva?

Premessa necessaria è che, in Italia, la probabilità che un laboratorio o un medico sia a  conoscenza dell’esistenza del Fattore Malva (HPL) è molto bassa. Misurare i livelli di questa sostanza pare quindi un’impresa tutt’altro che semplice nel nostro paese.
Molte informazioni contenute in questo articolo sono state ottenute da un importante documento pubblicato nel 2008 dal medico americano Woody R. McGinnis e colleghi, firmato inoltre dallo stesso Abram Hoffer, “il padre” del fattore malva (2). In questo documento, viene indicato che un’integrazione combinata di vitamina B6 (almeno 200 milligrammi al giorno) e di zinco (almeno 25 milligrammi al giorno) è solitamente sufficiente per abbassare i livelli di fattore malva e ottenere una risposta sintomatica significativa.

È consigliabile l’utilizzo di P5P, ossia vitamina B6 attivata, al posto della normale piridossina (vitamina B6 non attivata), per bypassare il processo di attivazione, che richiederebbe zinco supplementare. Va sempre ricordato che zinco e vitamina B6 “lavorano insieme” e quindi è consigliabile integrarli sempre in modo combinato. 
Va tuttavia specificato che maggiori sono i livelli di fattore malva e maggiore sarà il quantitativo di vitamina B6 e zinco necessario, in fase iniziale, per ristabilire i corretti livelli di queste sostanze. Nel lungo termine invece, il dosaggio richiesto potrebbe variare.

Perché la medicina ufficiale non prende in considerazione il fattore malva e le carenze nutrizionali?

Perché una medicina basata sull’identificazione delle specifiche carenze nutrizionali di ogni singolo individuo con disturbi psichiatrici non è, e non sarà mai, redditizia. La redditività della psichiatria convenzionale è basata sul fatto che specifici farmaci brevettati possano essere prescritti a tutti i pazienti a cui viene diagnostico il medesimo disturbo mentale. Non appare quindi così strano che ad ogni nuova edizione del DSM, il manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali redatto dall’American Psychiatric Association (APA), vengano costantemente ampliate le definizioni e i sintomi riconducibili ad un determinato disturbo mentale.

La psichiatria ortomolecolare si base invece sul concetto dell’individualità biochimica, secondo cui ogni persona è unica e come tale ha un fabbisogno di nutrienti diverso. Per quanto la maggior parte delle persone possa oscillare intorno ad un range medio, esistono minoranze che necessitano di fabbisogni fortemente superiori, come  ad esempio chi presenta livelli eccessivi di Fatto Malva (HPL) nelle urine. Per questo motivo, le dosi giornaliere raccomandate (RDA) di micronutrienti servono solo per identificare un fabbisogno minimo, non un fabbisogno ottimale, in quanto sono state concepite per “la persona media”, che nella realtà non esiste. 

Per chiarire meglio questo concetto, Irwin Stone, nel suo libro “The Healing Factor”, afferma che siamo tutti malati di scorbuto (carenza totale, per mesi, di vitamina C), ma i sintomi clinici (mortali) di questa patologia sono tenuti parzialmente sotto controllo dalle piccole quantità di vitamina C presenti nel cibo, che tuttavia non sono sufficiente a darci una salute ottimale, o almeno, una salute migliore.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

  1. Hoffer A., The Discovery of Kryptopyrrole and its Importance in Diagnosis of Biochemical Imbalances in Schizophrenia and in Criminal Behavior, The Journal of Orthomolecular Medicine Vol. 10, No.1, 1995.
  2. McGinnis W. R., Audhya T., Walsh W. J., Jackson J. A., McLaren-Howard J., Lewis A., Lauda P. H., Bibus D. M., Jurnak F., Lietha R., Hoffer A., Discerning the Mauve Factor, Part 1 & Part 2, Altern Ther Health Med., 2008 Mar-Apr;14(2):40-50.
  3. Pfeiffer C. C., Iliev V., Pyroluria, urinary mauve factor, cases double deficiency of B6 and zinc in schizophrenics, Fed Am Soc Exp Biol., 1973; 32:276.
  4. Duff J., Kryptopyrrole or mauve?Journal of Complementary Medicine, 8, 48-49 (2009).
  5. Salim S., Oxidative Stress and Psychological DisordersCurr Neuropharmacol., 2014 Mar; 12(2): 140–7.


Alla pirroluria abbiamo dedicato anche l'articolo "Pirroluria e candida: cause gemelle delle patologie moderne" di Walter Last, pubblicato su Nexus New Times nr. 115:


 

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