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COME CI RAPINANO, TRUFFANO E SPOGLIANO di Maurizio Blondet

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La storia la scrivono i vincitori, quindi è sempre diversa dalla realtà? Ne parliamo con Teodoro Brescia Dottore di ricerca, docente e scrittore e autore del libro...

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Scusate, ma non c’è qualcosa di strano nelle vostre bollette? Dalle mie parti sì. La  ragazza romena che mi fa le pulizie in casa ha ricevuto da ENEL Gas una bolletta da 400 euro. Soldi che, semplicemente, non ha: è tanto se mette insieme 700 euro mensili.

Il rincaro petrolifero globale? No, non c’entra nulla.  ENEL Gas le ha addebitato un consumo «presuntivo» doppio del reale, constatato sul contatore. Al telefono le hanno spiegato: paghi, poi faccia la «autolettura», e le sottraiamo il di più nella prossima bolletta. Siccome lei ha detto che i soldi non li ha, hanno risposto: d’accordo, faccia la «autolettura» e le mandiamo un’altra bolletta.

E’ successo anche a me. Ricevo la bolletta-gas per il mese di marzo: 187,77 euro. Mi hanno addebitato un consumo, per un mese primaverile, di 117 metri cubi. Vado a controllare: ne ho consumato 43. Provo a comunicare, al numero verde, la mia lettura. Mi dicono: può farlo solo dopo il 20 del mese. Chissà perchè, non possono prima. Hanno troppo da lavorare?

Ricevo un’altra bolletta-gas per l’altra casetta, più piccola, che sto cercando di affittare. Anche lì, solo per il mese di marzo. E stesso consumo presuntivo: 117 metri cubi. In realtà, controllo, lì il consumo è di 20 metri cubi. Ma invece è la stessa la cifra addebitata: 187,77 euro.
Coincidenza, guarda caso.

E’ chiaro: questi sparano a raffica bollette con gli stessi consumi «presunti». Non fanno nemmeno finta di  aver calcolato il consumo ipotetico: cifra fissa, 117 metri cubi a tutti. A centinaia di migliaia di utenti. D’accordo, poi – così dicono al telefono – ti scaleranno quanto hai pagato di più. Ma intanto si sono fatti anticipare una quantità enorme di liquidità. Miliardi.

Se ENEL dovesse chiedere una simila anticipazione ad una banca, dovrebbe pagare  interessi passivi ragguardevoli. Invece, ENEL si fa finanziare gratis dai clienti. Quelli che dovrebbe servire. Al contrario: ENEL ha messo i clienti al suo servizio. Sia come finanziatori forzati, e privati degli interessi per il prestito che fanno alla mega-azienda, sia come lettori dei contatori. Non manda più in giro il personale, risparmia: tanto è l’utente che, allarmato, si precipita a fare «l’autolettura» e a comunicarla.

Peggio mi accade con la bolletta dell’acqua: è ancor più indecifrabile, a bella posta. Apparentemente, ho consumato, in 78 giorni, 3 metri cubi. Devo pagare 122,77 euro (sempre questo 77, sarà un’altra coincidenza?). L’acqua è diventata cara come il petrolio, mi dico. Guardo meglio voce per voce: per «Minimo impegnato tariffa agevolata», devo a lorsignori euro 10.67. Per «Minimo impegnato tariffa base», euro 3,84. Per «quota fissa» (qualunque cosa sia), euro 2,86. Per «Tariffe fognature e depurazione», euro 1,38. Insomma, l’acqua costa ancora poco, me la posso permettere. Ma come raggiungo, allora, la cifra di 122,77 euro per meno di un trimestre?

Ecco qui: oltre metà della bolletta – euro 69,28 – è dovuto a «Voci varie». E un altro terzo, 25,36, a «variazione dep. cauzionali».

Voci Varie? Ad euro 69,28 più IVA? Provo a telefonare al «numero verde» per farmi spiegare questa varietà di voci. Ovviamente, non risponde nessuno. Se proprio si insiste, una voce artificiale dice che si può telefonare «dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12.30». Sono le 11.30 di un martedì.  Lorsignori, però, non si danno la pena di rispondere al telefono.

E’ un metodo; è tutto così, come sa chi ha a che fare con Telecom, con ENI, con le banche, con una qualunque municipalizzata pseudo-privatizzata. Ogni Casta  che occupa un «servizio pubblico» si ingegna con ogni trucco per mettere i clienti, i cittadini, al proprio servizio, fargli pagare in anticipo il doppio del dovuto, obbligarli alla lettura contatori o alla raccolta differenziata o alle liste d’attesa. Tutto per lavorare meno loro, e  arraffare di più. Sempre di più.

Ho la vaga sensazione che approfittino dell’allarme-rincari di cui parlano i giornali (il petrolio, il grano) per intensificare i loro furti, ciascuno il suo.

Lo fanno anche i panettieri. Il grano è rincarato sì, ma il prezzo della materia prima conta solo il 10% dello sfilatino: e allora perchè il pane è triplicato? I pescatori – strozzati dal raddoppio del diesel – si lamentano allo stesso modo: loro vendono il pesce ai prezzi di prima, e lo vedono vendere a prezzi più che triplicati nelle botteghe. 300%. Ma il peggio sono i servizi in qualunque modo «pubblici». Chi se ne occupa, pensa solo a servire se stesso.

All’anagrafe del Comune di Viterbo bisogna provare ad andare: certificati di residenza, di esistenza in vita, di stato civile, carte d’identità. Si scopre che fanno solo 4 certificati al giorno. Non uno di più. L’ufficio, per giunta, apre alle 10. Con comodo. Anche se la fila comincia a formarsi alle 7 del mattino, perchè bisogna arrivare all’alba per sperare di essere uno dei quattro – diconsi quattro – che potranno forse avere il certificato. «Prendete il numerino», ordina l’impiegato. Prendiamo il numerino, ma non c’è il quadro elettronico relativo: il numerino non serve a niente, si entra implorando, si litiga perchè qualcuno passa avanti, e si viene cacciati come bestie. E molti fanno la fila invano, implorando fino alle 12 di avere il documento che serve ed è urgente. A mezzogiorno, l’ufficio chiude.

Viterbo ha il massimo tasso di assenteismo comunale, 37 impiegati su 100 non sono presenti al lavoro in ogni giorno che fa il Signore. La «riforma della pubblica amministrazione», qui, è qualcosa di cui non hanno mai sentito parlare. Neandertalismo municipale.

E il peggio è che bisogna stare sempre sul chi vive, com’è logico non in un Paese civile, ma tra  malfattori: bisogna richiedere la bolletta Telecom particolareggiata, perchè ti affibbiano telefonate ai numeri a pagamento che non hai fatto. Se te ne accorgi, rispondono: «Un errore materiale», e ti stornano il non dovuto. Ma se non te ne acccorgi, loro sono contenti. Si incamerano un sacco di soldi rubati. O spalmano i loro costi – e le loro telefonate porno – su migliaia di bollette di pensionati e vecchiette.

E’ un metodo ben collaudato, che oggi ha raggiunto, ne sono convinto, un’intensità feroce:  perchè la vita è più cara, la benzina costa di più, e lorsignori devono pur salvaguardare il loro personale potere d’acquisto. Tutti. Chiunque abbia il coltello dalla parte del manico, lo fa.

Anzitutto, i loro stipendi ed emolumenti: che devono salire perchè la benzina costa di più anche per loro. Devono salire a spese nostre. Medici che strappano polmoni per  guadagnare di più. Professionisti e imprenditori (e gesuiti) che riescono a far ritardare processi a Trapani, basta pagare: arrestati, dicono, un poliziotto, un medico con un passato di violenze sessuali (bravo, bene), un dipendente pubblico impiegato in Cassazione. Variamente iscritti alla massoneria, si facevano pagare per aggiustare processi e far scadere i termini e le prescrizioni a favore di boss mafiosi. Il «servizio giudiziario». Tutto pagato con le nostre tasse.

Il peso della casta è, in questi mesi, ancora aumentato. Ormai ci grava sul collo come un macigno, spogliandoci e truffandoci in piena impunità. Ci schiaccia. Ci riducono nella miseria che presto sarà nera. Perchè non c’è alcuna autorità, alcun organismo, alcun governo, che la sorvegli o la metta in riga. Anzi, la possibilità di class action è rimandata sine die. Via via che la vita si fa più difficile, loro se la cavano sempre meglio.

Ci sono due Italie, una che aumenta come le pare, pro domo sua,  le «tariffe» e le «voci varie» per servizi sempre peggiori, e una che paga, paga e paga.

«In Italia, appena esci di casa, devi pagare qualcosa», dice la mia romena. Ha capito tutto. Si fanno i salti mortali, si risparmia sulla frutta, si riducono i consumi necessari, e se tutto va bene alla fine del mese hai risparmiato 20 euro; poi ti arriva una bolletta indebita da 400. «Paghi e gliela scaliamo nella prossima bolletta», ti dicono. Non è un problema, per loro. Lorsignori vivono in un mondo, dove non è un problema pagare 400 euro imprevisti. Beati loro.

Forse è il segno più chiaro che non siamo una patria. Ognuno per sè contro gli altri, meglio se deboli e innocui, vecchiette, pensionati, badanti extracomunitarie.  La criminalità diffusa, incoercibile, di una società  dove è scomparsa ogni idea di destino comune, ogni senso di essere «sulla stessa barca», quindi ogni senso di responsabilità e di dovere.

Ricordo ancora una volta: quando si trattò di bonificare la paludi pontine, il governo di allora (sapete quale) stanziò una spesa di 5 mila lire all’ettaro. Alla fine, le paludi bonificate, risultarono spesi 4.300 lire l’ettaro. Nessuno aveva rubato, allora.

Essere senza patria costa moltissimo, è la prima voce di spesa.


tratto da effedieffe
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