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UNO STATO IMMORALE di Michael Melchior

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Il
gruppo di ragazzi che s’erano radunati attorno a noi sembravano
divertirsi.
Alcuni di loro tenevano in mano siringhe appena raccolte in un cortile
vicino e
ci stavano dimostrando come si fa a farsi
un’iniezione "come i grandi". Altri ancora bestemmiavano lo stato e
tutto ciò che ad esso era collegato. È difficile dare
loro torto: non è
piacevole osservare un centro comunale recintato.

Vicino
alla strada coperta di ghiaia, le acque reflue scorrono a cielo aperto
e gli
inquilini della casa accanto ci raccontano della complessa rete "ATM"
per la vendita della droga che tiene aperti isuoi
sportelli qui, dal pomeriggio fino alla mattina seguente.

Probabilmente
i milioni di israeliani che quest’estate si sono recati
all’estero,
non s’imbatteranno mai in scene come questa. Il luogo è
nascosto, dall’altra
parte della strada, a due chilometri
dall’aeroporto
Ben
Gurion
. Durante i decolli e gli atterraggi, è
difficile
vedere le capanne squallide, il fetore e le droghe della città
di Lod, ma per i
suoi residenti si tratta della dolorosa, deprimente realtà di
ogni giorno.

Negli
ultimi anni, vi sono stati seri tentativi di cambiare la situazione e
migliorare l’immagine della città di Lod. Ma quando
sembrava
che si fosse finalmente riusciti a mettere la città sulla
carreggiata
giusta verso una nuova opportunità di sviluppo, alcune della
Autorità
competenti interruppero le iniziative ed adesso, il collasso e la
distruzione
sono imminenti come non mai.

Israele,
che si autodefinisce uno "stato ebraico democratico", è
diventato uno
degli stati più immorali del mondo occidentale.

C’è
una disciplina nella quale Israele potrebbe candidarsi alla medaglia
d’oro, ma
non certo ad Atene. Sto parlando della forbice tra i redditi degli
strati al
vertice della società e quelli degli strati più bassi.
Questa forbice s’è
allargata tanto da compromettere oggi la dignità umana facendo
sorgere gravi
dubbi sul nostro diritto di chiamarci ancora una società ebraica
democratica.

Non
si tratta di una fatalità. Soltanto qualche anno addietro,
Israele occupava un
posto al vertice della piramide dei sistemi educativi.
Anche il sistema sanitario israeliano era rinomato in tutto il mondo e
ciò in
tempi caratterizzati da una situazione economica peggiore di quella
attuale.

Noi
viviamo in una società in cui un milione ed un quarto di persone
– di cui il
40% attivi sul mercato del lavoro – vivono al di
sotto della soglia di povertà. Questa è una
società che abbandona 366.000 dei
suoi minori a rischio buttandoli in strada; una società che
tratta i suoi
lavoratori immigrati come animali; una società che disprezza i
suoi anziani e
li manda a frugare nella spazzatura. Questa è una società
che, secondo le
informazioni presso il Comitato parlamentare per i Diritti dei Minori,
dopo
avere abbandonato ogni standard chiede ai suoi assistenti sociali di
dedicare
una media di due minuti a cadauna famiglia in condizione di disagio. Si
tratta
di una società che è leader nel mondo per quanto riguarda
il traffico di donne.
Una tale società non è né ebraica né
democratica.

La
soluzione magica che il governo israeliano dice di avere trovato per
venire
fuori da questa situazione, si chiama privatizzazione, adottata
dall’armamentario della scuola economica del ministro delle finanze e
conseguita a ritmo incalzante. Da un paio d’anni, la società
israeliana si sta
privatizzando fino alla morte. I danni provocati da questa tendenza
pericolosa
sono ovvi e si riscontrano dappertutto.

Così,
ad esempio, si fanno appelli alle comunità ebraiche all’estero a
sussidiare i
campi estivi per i bambini indigenti d’Israele. I giorni passano, passa
un anno
e col passare del tempo, le mode cambiano. Le somme che questo anno
sono
affluite dalle comunità all’estero, si sono significativamente
assottigliate
e di conseguenza, il numero dei bambini inviati ai campi estivi si
è ridotto di
due terzi.

Per
via della privatizzazione, il governo d’Israele si lava le mani
liberandosi
anche delle sue residue responsabilità sociali. Nella migliore
tradizione dello
shtetl della comunità ebraica in diaspora, il governo lascia
l’educazione, la
sanità ed il welfare alla discrezione di ricchi filantropi.

È
pur vero che la beneficenza sia sempre stata la preoccupazione
principale
della comunità ebraica. Ma questo non è ciò che lo
stato di Israele era
destinato ad essere. Lo stato ebraico doveva
e deve essere al servizio di tutti i suoi cittadini – e non solo di
quelli più
ricchi – per metterli in condizioni di offrire una buona educazione ai
loro
figli, offrendo a tutti i cittadini assistenza sanitaria e servizi
sociali a
garanzia del loro benessere e della loro dignità.

Invece
di un regime regolato dalle leggi, sta per essere introdotto un regime
basato
sulla carità, sulla raccolta di contributi a titolo di
beneficenza
e sul reciproco darsi pacche sulle spalle.

Nello
stato mendicante non vi è posto per ragazze-madri, anziani o
handicappati. I
filantropi preferiscono donare i loro soldi per la
costruzione
di grandiosi edifici di marmo o per comprare ambulanze con i loro nomi
scritti
sopra.

Nello
stato mendicante, il parlamento emana una "legge per l’alimentazione"
che assicuri che una piccola percentuale della
popolazione
scolastica (che naturalmente, verrà subito bollata come
miserabile) possa
accedere ad un pasto caldo al giorno. Una parte considerevole di questa
legge –
difficile crederci, ma una maggioranza dei parlamentari effettivamente
l’ha
votata – sarà finanziata da benefattori filantropi. Ma cosa
succederà se i
filantropi dovessero decidere di destinare i loro contributi ad
altre
cause ? Al
di là del rischio imminente di un collasso dei sistemi
educativi, sanitari e
dei servizi sociali, coloro che ne hanno bisogno – cioè, la
maggioranza
della popolazione – stanno perdendo la loro voce in capitolo.
Perché dove è
arrivata la privatizzazione, non vi sarà più un ministro
responsabile e di
conseguenza, i bambini a rischio non avranno più voce nei
confronti del
consiglio dei ministri.

Quelli
delle classi agiate possono aspettare altri due anni per avere i
benefici da
una diminuzione delle tasse promessa loro da Netanyahu.
Anziché
ridurre le
tasse, il governo avrebbe fatto meglio a destinare la somma in
questione – 2,5
miliardi di NIS – al servizio sanitario pubblico, alle ragazze madri ed
ai
bambini a rischio. Se avesse fatto questo, forse l’anziana coppia che
aveva
"ringraziato" Netanyahu
prima di riscattarsi dalle sue miserabili
condizioni economiche suicidandosi insieme, avrebbe potuto ringraziarlo
personalmente. Se avesse fatto questo, il governo si sarebbe potuto
vantare di
essere a capo di uno stato ebraico, democratico.

fine

PS:
per i coloni dei Territori Occupati, gli stanziamenti statali non hanno
mai
subito tagli.
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