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PUNTO DI NON RITORNO di Tom Bosco

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Leggo sull’Independent che gli scienziati, analizzando il massiccio scioglimento dei ghiacci artici avvenuto questa estate, sono giunti alla conclusione che il cosiddetto riscaldamento globale abbia ormai raggiunto il “punto di non ritorno”. Il tasso di scioglimento è talmente elevato che la regione sta cominciando ad assorbire sempre più calore dal Sole, aumentando ulteriormente lo scioglimento e rafforzando il circolo vizioso di riscaldamento/scioglimento. Il maggior timore è che l’Artico abbia raggiunto il “picco” oltre il quale la continua perdita di ghiaccio marino non possa essere più compensata, il che innalzerà drammaticamente il livello dei mari.

Nel frattempo, dopo le devastazioni di Katrina, sembra che il peggio debba ancora venire: in queste ore sta per abbattersi sulle coste statunitensi un uragano di incredibile potenza. Rita, così è chiamato, è passato in poche ore da tempesta tropicale a uragano di categoria 4 e poi 5. In attesa di vederne gli esiti se e quando raggiungerà il Texas (non credo possa deviare abbastanza da colpire nuovamente New Orleans, ma ormai non mi stupisco più di nulla…) è interessante e nel contempo inquietante osservare come la sua “coda” stia alimentando Philippe, al momento ancora classificato come tempesta tropicale.

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Se tanto mi dà tanto, con Philippe stiamo per assistere alla formazione di un uragano di proporzioni mai viste, roba da “La tempesta perfetta”… e contrariamente alle previsioni, un caro amico mi suggerisce che con ogni probabilità raggiungerà la terraferma a nord della penisola della Florida, con conseguenze devastanti.

Cosa assai singolare, fra le immagini satellitari del NOOA che mostrerebbero l’evoluzione di Philippe da tempesta tropicale, alle 8.15 UTC del 23 settembre compare un’immagine del tutto anomala, che mostra un uragano completamente formato e dalle dimensioni gigantesche!


Se, per ipotesi, questa immagine ci mostrasse a che punto si trova davvero il grado di evoluzione di Philippe, allora tutte le altre sarebbero dei falsi, diffusi per nascondere ai mercati e alle popolazioni la reale entità del potenziale distruttivo dell’uragano o quantomeno ritardarne il più possibile la consapevolezza. Non posso sapere se le cose stanno così (magari si tratta di un banale errore tecnico), ma credo che nei prossimi giorni ne sapremo qualcosa di più.

Comunque sia, già Rita potrebbe rivelarsi un “disastro nazionale”, almeno stando a quanto afferma Bill Greehey, presidente della Valero Energy, la più grande compagnia di raffinazione petrolifera statunitense con impianti a Port Arthur, Houston, Texas City e Corpus Christi, in Texas: tutti potenzialmente lungo il percorso dell’uragano. La produzione potrebbe essere seriamente compromessa, facendo schizzare alle stelle il prezzo della benzina sul mercato statunitense e di riflesso quello del petrolio su quello internazionale.

Ben venga allora quel milione di barili che il presidente venezuelano Chavez ha deciso di mandare agli Stati Uniti in aggiunta ai 240.000 già in arrivo a Port Everglades, come aiuti alle popolazioni colpite da Katrina.

Sapete, mi domando quale impatto possano avere questi eventi su quella frangia della popolazione statunitense più sensibile alle suggestioni apocalittiche di biblica memoria: come interpreteranno questi “segni”, laddove se non sbaglio si parla delle varie “trombe” che suoneranno negli ultimi giorni? Persino Bush non ha trovato di meglio che dare la colpa a Dio per le devastazioni in Louisiana, lamentandosi dei “danni arbitrari” provocati dall’uragano e dell’inesplicabile volontà divina di lasciare accadere brutte cose, notando che “il fardello maggiore è caduto su cittadini già disagiati”. Come se questo fosse una semplice fatalità…


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Per quanto attiene le chiuse che a New Orleans non hanno retto l’impatto di Katrina, allagando la città, è interessante la valutazione di Paul Kemp, un esperto di uragani della Louisiana State University, secondo il quale i riscontri sul posto non coincidono con le spiegazioni fornite dal Corpo del Genio, e le chiuse non avrebbero ceduto per un eccessivo livello delle acque che, traboccando, ne avrebbe eroso alcuni punti innescandone il collasso, in quanto tale livello non è mai stato raggiunto. Ora, questo mette in nuova luce tutte quelle voci che parlavano di una deliberata distruzione delle chiuse, citando strani fatti avvenuti in quelle ore: le frequenze di emergenza che venivano misteriosamente “disturbate” o interrotte dalla FEMA, l’uccisione presso le chiuse di cinque personaggi non meglio identificati ma apparentemente legati ad ambienti militari, nonché strane dichiarazioni di Ray Nagin, il sindaco di New Orleans, che temeva di essere “scalzato” dalla FEMA stessa, la quale oltretutto in numerosi casi ha bloccato e respinto gli aiuti in arrivo alla città.
Insomma, con tutto quello che sta succedendo a casa loro, forse molti soldati statunitensi attualmente in Iraq staranno pensando lo stesso di quello raffigurato qui sotto:

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“Che c***o ci sto facendo qui? Mi ero arruolato solo per pagarmi gli studi!”


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