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Omid Jazi: “Ricomincio da Londra, dove si puó vivere di musica”

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Lo chiamavano “il quarto dei Verdena”, e chi è stato al tour di Wow ne ricorda bene il tocco estroso, da musicista che non si limita ad eseguire una partitura. Il polistrumentista Omid Jazi già da un anno vive a Londra, e da lì sta costruendo un nuovo percorso musicale e lavorativo che ha già dato i suoi primi frutti. A due anni dal suo esordio solista Onde Alfa, in Inghilterra ha scritto e registrato Tooting Bec, LP che il 1° luglio sarà rilasciato dalla Nexus Edizioni. Alle spalle di Omid c’è una storia di fughe e di lotta al regime. “Mio padre uscì dall’Iran ottenendo lo status di rifugiato politico attraverso l’ONU – racconta a FQ Magazine – Aveva deciso di studiare a Perugia all’Università per Stranieri; quando poi mia madre lo raggiunse e nacqui io, in Italia ci rimasero definitivamente”.
Dopo aver creato uno studio di registrazione a Modena e aver militato in diverse band, per Jazi arriva l’espatrio a Londra: “Volevo cambiare aria soprattutto” – spiega il musicista senza giri di parole.
Nella capitale inglese si mantiene con la musica: “Qui ho conosciuto il talentuoso Shuta Shinoda, ovvero il sound engineer di Tooting Bec. Siamo entrati in sintonia e mi ha gentilmente introdotto nell’ambiente. Per mantenermi inizialmente ho continuato ad avere doppi o tripli lavori, ma ho deciso di lavorare su ciò che mi fa stare bene. Qui puoi sopravvivere nel settore musicale con soddisfazioni e profitti solo se hai le competenze, la musica in Inghilterra è qualcosa di serio per tutti”. Poi lancia la stoccata: “Ma anche in Italia ci sono possibilità secondo me. Basta saper leccare il culo”. Il polistrumentista non lesina critiche all’ambiente musicale nostrano. Innanzitutto nella pratica, svincolandosi dalle label e trovando sostegno in una casa editrice. “È una scelta insolita e ne vado fiero. Stiamo unendo due mondi, quello della cultura che si legge e quello della cultura che si ascolta. Fu il libro 432 Hz La Rivoluzione Musicale che mi attirò verso NEXUS Edizioni”. Aggiunge poi Omid: “Le etichette discografiche italiane sono spesso in mano a cartelli di cui non mi interessa far parte. Inoltre penso che alcune etichette in Italia siano come la Chiesa Cattolica, nascono con un intento e poi fanno l’opposto.”
Suona insolita anche la scelta dell’italiano per un album che prende il nome di una stazione della metro londinese: “Paradossalmente penso che parlare una lingua diversa dalla tua possa agevolare lo sviluppo di una poesia personale in lingua madre, che è quello che cercavo. Metaforicamente ho rotto il Samsara mettendo ordine a qualcosa di sospeso. Un cerchio è stato chiuso e ora posso aprirmi a nuovi scenari di cui però forse è prematuro parlare”. L’artista definisce il nuovo disco come “un dono che ho voluto fare senza aspettarmi nulla in cambio”.
Come nel precedente LP Jazi suona di tutto e ha curato in prima persona tutte le fasi di registrazione, ma si è circondato anche di preziose collaborazioni come le batterie di Nevruz Joku (già suo compagno nel power duo Water in face) e Matteo Rosestolato, e il basso di Jacopo “LA.po” Tittarelli Rubbioli.
Oltre a una cura certosina per la produzione, Tooting Bec rivela un maggior protagonismo dei testi rispetto ad Onde Alfa. Spunti di tensione mistica dialogano con un cantautorato fantascientifico, che in Lettore di ologrammi e Multiverso trovano forma più compiuta. All’ascolto risultano immediate le influenze elettroniche e testuali del Battiato di “Gommalacca” e della psichedelia electro-pop dei Bluvertigo. Ma non solo: “Alcune influenze stilistiche derivano dalle mie letture – sottolinea Omid – Ho adottato l’esempio di Nietzsche che nella 'Nascita della Tragedia' descriveva come il coro greco rappresentasse il ponte empatico tra l’eroe tragico e il pubblico”.
Questo disco non si lascia solo ascoltare, ma cerca corpi da attraversare, menti da incuriosire. E forse per Omid Jazi questo sarà un motivo per tornare a suonare in Italia.

Fonte: IlFattoQuotidiano.it

 

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