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La pelle dell’orso

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Da sempre appassionato di volo e di aviazione, e in seguito pilota, ricordo con emozione quando assistevo alle numerose manifestazioni aeree, spesso organizzate in basi militari come quella di Aviano, imperdibili occasioni per assistere dal vivo alle esibizioni delle più prestigiose pattuglie acrobatiche militari occidentali, ma soprattutto alle dimostrazioni “soliste” dei più avanzati e prestanti caccia in linea con le forze aeree della NATO. A quell’epoca, tra gli anni ‘80 e ‘90, le dimostrazioni più apprezzate erano senz’altro quelle regalate dalla nuova generazione dei “fly-by-wire”, velivoli progettati aerodinamicamente instabili per esaltarne la manovrabilità, gestiti da un computer ridondante che “corregge” in tempo reale i comandi del pilota, trasmessi ai piani mobili dell’aereo in questione tramite impulsi elettrici anziché coi tradizionali impianti idraulici. F-16, F/A-18, F-15 statunitensi (anche se quest’ultimo era solo parzialmente fbw), Mirage 2000 francesi rappresentavano lo stato dell’arte occidentale (a onor del vero andrebbe aggiunto quell’F-14 protagonista del celeberrimo film Top Gun, ma essendo un velivolo della Marina statunitense di norma non compariva negli Open Day organizzati dall’Air Force, anche a causa della storica rivalità tra le due forze armate), seppure l’apparizione degli omologhi sovietici/russi (MiG-29, Su-27) iniziava a far discutere analisti e semplici appassionati. Le riviste specializzate ammettevano a denti stretti le conquiste tecnologiche e le prodezze dei piloti dell’est, come quel Viktor Pugačëv che ai comandi del proprio Sukhoi Su-27S incantò il pubblico presente al Salone Aeronautico di Le Bourget del 1989 (una delle prime esibizioni in occidente di velivoli dell’Unione Sovietica) con una manovra poi passata alla storia come “il cobra di Pugačëv”,(1) ma generalmente preferivano puntare il dito sulla presunta grossolanità dell’industria aeronautica sovietica rispetto a quella occidentale, nonché su una certa arretratezza nello sviluppo dell’avionica di bordo e un inferiore addestramento del personale di volo. Questa supponenza risultò particolarmente sgradevole in occasione del tragico incidente di Salgareda, dove il 9 settembre 1990 si schiantò durante una esibizione proprio un Su-27 e si ventilò l’ipotesi che il pilota (il comandante Rimantas Stankevičius, deceduto insieme a un addetto alla sicurezza sul campo di volo) fosse decollato in stato di ebbrezza dopo aver assunto una robusta dose di alcolici, evento dimostratosi in seguito del tutto falso.

Sia quel che sia, il messaggio filtrato dai media nel corso degli anni è stato che i sistemi d’arma sviluppati dalla tecnologia e dall’industria occidentali siano mediamente superiori e più sofisticati delle loro controparti dell’est, ma come vedremo nulla potrebbe essere più lontano dal vero. Basti pensare al clamoroso fallimento del programma F-35,(2) il più costoso della storia, o quello dell’F-22, decantato come il primo caccia di “quinta generazione” operativo e presumibilmente senza rivali al mondo: ordinato inizialmente in 750 esemplari, è progressivamente calato a 648, 442, 339 per ridursi infine ad appena 183, con un costo unitario stimato dal Government Accountability Office di ben 361 milioni di dollari. La sua produzione è cessata nel dicembre del 2011, non è praticamente mai stato utilizzato in combattimento (a parte qualche recente e aggiungerei inutile bombardamento sulle postazioni dell’ISIS) e ha sofferto di numerosi malfunzionamenti al sistema di ossigeno per il pilota, che nel 2011 lasciarono a terra l’intera flotta per alcune settimane.

Si tratta certamente di un aereo assai agile, ma nelle manovre più estreme appare “impiccato”, al limite del suo inviluppo di volo. Osservando nei numerosi filmati disponibili su YouTube le sue esibizioni si nota che riesce a eseguire la manovra di Herbst,(3) il Cobra di Pugačëv e il Kulbit,(4) ma in maniera assai meno fluida e naturale di quanto abbiano mostrato caccia della cosiddetta quarta generazione “plus” come il MiG-29 OVT e il Su-37, in grado di offrire dimostrazioni semplicemente sbalorditive. L’impressione che ne ho ricavato è che il velivolo sia assai meno robusto delle sue controparti nei piani di coda, e che forzando le manovre rischierebbe di danneggiare irreparabilmente gli elevatori: naturalmente si tratta solo di una mia opinione.


Sopra: un Mig-29 mentre esegue la spettacolare manovra del "Cobra"



Qualcuno obietterà con sufficienza che certe spettacolari manovre acrobatiche non hanno grande valenza pratica nei moderni combattimenti aerei e che i velivoli di quinta generazione con caratteristiche stealth, ovvero bassissima visibilità ai radar avversari, come appunto F-22 e F-35, si rifanno alla dottrina “First Look, First Shot, First Kill” (prima vedi, prima spari, prima abbatti). In altre parole, chi prima riesce a vedere l’avversario senza essere visto da quest’ultimo, riesce a sparare e quindi abbatterlo prima che questi possa farlo a sua volta. Di tutt’altro avviso la dottrina da caccia russa, che dell’ipermanovrabilità nel duello aereo ha fatto uno dei propri capisaldi, grazie anche alla sofisticata tecnologia dei getti vettorabili, inventando manovre “impossibili” per portare sempre il velivolo nella miglior posizione per puntare e colpire l’avversario nel combattimento aereo ravvicinato.

Il vero problema che turba il sonno degli analisti militari è che ora i russi stanno combinando entrambe queste caratteristiche nel loro primo velivolo di quinta generazione, quel PAK-FA T-50 sviluppato da Sukhoi che, pur assomigliando all’F-22, pare abbia anche tutte le carte in regola per surclassarlo.



Che dire poi della tecnologia stealth, inizialmente introdotta dagli statunitensi prima con lo sgraziato F-117 (inspiegabilmente classificato F come Fighter, caccia, anziché con la B di Bomber, bombardiere, ciò che di fatto è realmente) e in seguito col costosissimo e sofisticatissimo B-2 Spirit. Essenzialmente si basa sull’uso di sofisticate geometrie e materiali radar-assorbenti per deflettere o assorbire le emissioni radar e ridurre a proporzioni insignificanti la traccia del velivolo. Si tratta di tecnologie assai costose (sembra sia necessario riverniciare l’aereo dopo ogni missione) e per certi versi addirittura superate, se è vero quanto dichiarato da fonti russe secondo le quali il loro sistema di difesa, grazie ai radar ad onde lunghe e a sofisticati algoritmi, sarebbe ormai in grado di rilevare persino un bombardiere “furtivo” come il B-2. Vero o meno che sia, è un fatto che durante la guerra nei Balcani del 1999 i serbi, notoriamente molto vicini ai russi, sono riusciti ad abbattere un F-117 (e ricavandone una certa notorietà, come documenta la cartolina riprodotta in questa pagina).

 

C’è poi la questione di quella che viene chiamata “Tecnologia Furtiva Attiva”, un’invisibilità ai radar basata sul plasma, sviluppata dai russi e ritenuta da questi ultimi molto più efficace ed economica della controparte statunitense. In buona sostanza, consisterebbe in un congegno relativamente compatto e leggero (si dice intorno ai 100 Kg), integrabile in qualunque tipo di aereo ma anche in mezzi navali e terrestri, in grado di generare un potente fascio di elettroni che crea intorno all’oggetto da schermare una “nuvola” di gas ionizzato (plasma) che assorbe e deflette la maggior parte delle emissioni radar. Secondo fonti russe, gli iniziali problemi di interferenza del sistema con l’avionica e la radio di bordo sono stati risolti, anche se in seguito sono emerse voci relative al distacco delle particelle cariche ad elevate velocità che esporrebbe il velivolo alla rilevazione.
In altre parole, i russi hanno sviluppato un concetto di “invisibilità” ai radar di gran lunga più efficace e soprattutto economico, considerando che si può adattare a qualunque velivolo e che i vantaggi in combattimento sarebbero notevoli, in virtù del fatto che non occorre sacrificare le caratteristiche tecniche e aerodinamiche di un aereo per adattarlo alle geometrie e ai materiali richiesti dalla tecnologia furtiva “passiva”. Chissà, forse è grazie a questa tecnologia che in un recente passato alcuni vecchi bombardieri strategici Tu-95 in esercitazione sembra siano riusciti a penetrare lo spazio aereo dell’Alaska senza essere rilevati se non quando ormai ne erano usciti per rientrare alla base (quando hanno spento la “scatoletta”, insomma); qualcosa di analogo è accaduto sopra i cieli della Gran Bretagna a metà febbraio, quando due Typhoon britannici hanno intercettato e scortato due Tu-95 ai confini dello spazio aereo della Cornovaglia. La versione ufficiale dice che l’intercettazione è avvenuta prima che i due velivoli russi potessero penetrare i confini, ma testimoni credibili5 hanno dichiarato che almeno uno dei due bombardieri di fatto è penetrato abbondantemente entro lo spazio aereo britannico. A buon intenditor…

Maestri di scacchi

Un mio caro vecchio amico soleva ripetere di non dare mai per spacciati i russi, per tradizione grandi maestri nel gioco degli scacchi. È un fatto che coll’approssimarsi del crollo e della dissoluzione dell’Unione Sovietica, tra il 1990 e il 1991, gli apparati militari russi dovettero fronteggiare forti tagli alle spese e si ingegnarono per sviluppare sistemi d’arma più economici ed efficaci. Era finito il tempo in cui le due superpotenze ammassavano enormi quantità di materiali bellici l’una contro l’altra alla ricerca di un equilibrio di forze, di fatto raggiunto grazie alla “mutua distruzione assicurata” dei rispettivi arsenali nucleari. In campo navale, la supremazia statunitense era garantita da una decina di portaerei a fronte di un paio in campo sovietico, quindi occorreva annullare tale vantaggio sviluppando nuovi sistemi d’arma in grado di distruggerle. Memori della Battaglia delle Falkland/Malvine nel 1982 che contrappose britannici e argentini, durante la quale questi ultimi utilizzarono con grande successo i missili antinave francesi Exocet, affondando un cacciatorpediniere e una nave appoggio e danneggiandone altre due con i soli cinque esemplari a loro disposizione, privilegiarono la ricerca, lo sviluppo e la produzione di una generazione di missili antinave totalmente innovativa e tremendamente efficace. Laddove il vetusto ma pur sempre temibile Exocet, una volta lanciato, procedeva in modo lineare verso il bersaglio a velocità subsonica, rendendone possibile l’abbattimento da parte dei più moderni sistemi di difesa aerea integrati di una portaerei con la sua scorta, le realizzazioni russe sono una combinazione letale di velocità, maneggevolezza e carico bellico che li rendono virtualmente impossibili da intercettare.

Il P-800 Yakhont e l’SS-N-22 Sunburn hanno un raggio d’azione “oltre l’orizzonte” (sino a 300 Km per lo Yakhont) e sono in grado di volare in regime supersonico (Mach 2,1 il primo, sino a 3 il secondo) seguendo traiettorie erratiche ed evasive a non più di dieci metri dalla superficie dell’acqua. Si ritiene che un paio di questi siano sufficienti ad affondare una portaerei, e forse è proprio il fatto che l’Iran pare disponga da tempo di svariati esemplari di Sunburn ad aver rimandato un attacco statunitense a questo paese, attacco di cui si vocifera ormai dal 2004. Certo esistono altri fattori (come la vicenda dell’esercitazione Millennium Challenge 2002, effettuata dagli Stati Uniti per saggiare nuove tecnologie belliche integrate in uno scenario e contro un avversario dalle caratteristiche curiosamente simili all’Iran, culminata con l’affondamento di una portaerei, dieci incrociatori e sei navi da assalto anfibio da parte delle forze del “nemico”, comandate dal Generale Paul K. Van Riper, grazie alla sua condotta di guerra “asimmetrica”) ma è innegabile che armi di questo tipo potrebbero letteralmente annientare la flotta statunitense che dovesse avventurarsi nel Golfo Persico, uno specchio d’acqua relativamente ristretto dove un tal numero di navi non potrebbero manovrare agevolmente trasformando lo scontro in un tiro al piccione.



Il lancio di prova di un missile antinave Sunburn da parte di un'unità della Marina iraniana e un'immagine della versione da esportazione del P-800 Yakhont


Forse non è un’esagerazione quella di un funzionario del Ministero della Difesa russo, il quale recentemente ha dichiarato che le numerose unità navali della NATO che attualmente stazionano nel Mar Nero allo scopo di monitorare e prestare assistenza nella crisi ucraina, nel caso minacciassero installazioni e unità navali russe verrebbero “spazzate via in dieci minuti”. A tal proposito è significativo l’incidente accaduto alla USS Donald Cook il 12 aprile 2014 proprio in quelle acque (del quale abbiamo parlato su NEXUS nr.113). (6) Questo cacciatorpediniere lanciamissili di quarta generazione è stato sorvolato da un Su-24 russo che non trasportava né bombe né missili, ma solo una gondola montata sotto la fusoliera, contenente un dispositivo elettronico chiamato Khibiny, il quale ha disattivato tutti i radar, i circuiti di controllo, i sistemi, le trasmittenti e gli altri dispositivi a bordo della Donald Cook. In breve, il potentissimo sistema Aegis, che ormai è già installato o in corso di implementazione nei sistemi di difesa di tutte le navi più moderne della NATO, è stato completamente spento. A quel punto il Su-24 russo ha simulato un attacco missilistico contro la Donald Cook, che era rimasta letteralmente sorda e cieca. L’aereo russo ha ripetuto la stessa manovra 12 volte prima di volare via. Subito dopo, la nave ha fatto rotta verso un porto in Romania. Dopo l’incidente, 27 marinai della USS Donald Cook hanno richiesto di essere sollevati dal servizio attivo.

Come sopra, così sotto

La genialità dei sistemi d’arma russi si evince non solo in aria o sull’acqua, ma soprattutto sotto l’acqua: la tragica vicenda del Kursk ne è una dimostrazione. Il 12 agosto 2000 il sottomarino nucleare K-141 Kursk era impegnato in un’esercitazione nel mare di Barents, durante la quale avrebbe dovuto lanciare alcuni siluri a supercavitazione Shkval, veri e propri missili subacquei in grado di viaggiare a oltre 370 Km/h, dandone una dimostrazione pratica ad una delegazione militare cinese che si trovava a bordo in vista di una possibile commessa da parte della loro Marina. L’esercitazione era seguita (troppo) da vicino da sottomarini statunitensi e inglesi, e quando lo USS Toledo entrò accidentalmente in collisione col Kursk, il comandante di quest’ultimo si portò in posizione di attacco, pronto a sparare in caso di mosse anomale da parte del sommergibile statunitense. In soccorso giunse lo USS Memphis, che lanciando un siluro Mk 48 colpì la sala controllo del Kursk, provocandone l'esplosione e l'affondamento. Complessivamente le vittime furono i 107 membri dell’equipaggio, 23 dei quali rimasero intrappolati nella sezione di coda senza che i vari tentativi di soccorso riuscissero a salvarli. Tutta la vicenda fu insabbiata e la versione ufficiale, sulla quale pesano numerose omissioni ed elementi contraddittori, afferma che a determinare l’incidente fu l’esplosione accidentale di un siluro difettoso che avrebbe innescato la detonazione degli altri. Si dice che l’intera questione sia stata appianata dagli statunitensi con la cancellazione di un debito pregresso di dieci miliardi di dollari.
Comunque sia, la tecnologia applicata agli Shkval, basata sul concetto di cavitazione, è davvero straordinaria: il siluro invia una parte dei gas che fuoriescono dai suoi ugelli di scarico in direzione del suo muso, il che permette di mantenerlo in una bolla di gas stabile che lo separa dall'acqua circostante (supercavitazione) riducendo drasticamente l’attrito. Il fatto che anche questo sistema d’arma sia in dotazione all’Iran conferma le considerazioni fatte in precedenza.


Nelle foto sopra: il rivoluzionario siluro a supercavitazione Shkval, con evidenziati il pressurizzatore di cavitazione sul muso e l'ugello principale insieme a quelli di manovra (Fonte: Wikicommons).



Gli esempi potrebbero continuare molto a lungo, soprattutto per quanto riguarda gli avanzatissimi sistemi di difesa aerea come gli S-400 Triumph che rendono lo spazio aereo russo virtualmente impenetrabile, ma queste considerazioni hanno semplicemente lo scopo di sottolineare che, nella malaugurata ipotesi di un confronto militare tra i paesi della NATO e la Federazione Russa, è assai improbabile che ad avere la peggio sarebbe quest’ultima.

Pubblicato originariamente su PUNTOZERO, marzo 2015


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Note:

1. Si tratta di un'impegnativa e spettacolare acrobazia aerea, praticabile solo ed esclusivamente con alcuni moderni aerei da caccia. La manovra parte in volo livellato a velocità moderata, quando, disinserito il limitatore di angolo d'attacco (angolo formato dalla direzione dell'aereo rispetto alla corrente d'aria che lo investe), il pilota alza repentinamente il muso dell'aereo superando i 100° di angolo d'attacco, per poi ritornare, più dolcemente, in volo livellato. Attraverso la spinta di potenti motori l'aviogetto mantiene una quota approssimativamente costante. (Wikipedia)
2. Vedere l’articolo “F-35 – il bidone avvelenato” su PuntoZero nr. 8, pag. 26.
3. Rapida manovra di inversione di direzione usando una manovra post-stallo, volando ben al di sotto i limiti aerodinamici di un caccia convenzionale. Venne battezzata manovra di Herbst (o J-turn), dal nome del dottor Wolfgang Herbst, un tecnico della MBB che propose di utilizzare il volo post-stallo per il combattimento aria-aria.
4. Nota anche come "Chakra di Frolov", nome dato da Evgeny Frolov, pilota collaudatore russo, è una manovra acrobatica nella quale l'aereo esegue un loop molto stretto, il cui diametro non è molto più grande della lunghezza dell'aereo stesso.
5. http://www.theguardian.com/uk-news/2015/feb/19/russian-bomber-flew-inland-cornwall-uk-airspace-witness
6. Che cosa ha spaventato tanto la USS Donald Cook nel Mar Nero?, nella rubrica Villaggio globale, NEXUS New Times n.113, Dicembre 2014 – Gennaio 2015

Vi riportiamo di seguito il testo completo del breve articolo:

CHE COSA HA SPAVENTATO TANTO LA USS DONALD COOK NEL MAR NERO?

Il 10 aprile 2014, la USS Donald Cook è entrata nelle acque del Mar Nero, e il 12 aprile un bombardiere tattico russo Su-24 ha sorvolato la nave, scatenando un incidente che, secondo varie fonti giornalistiche, ha demoralizzato completamente il suo equipaggio al punto da richiedere una protesta formale del Pentagono.
La USS Donald Cook (DDG-75) è un cacciatorpediniere lanciamissili di quarta generazione, le cui armi principali sono missili da crociera Tomahawk con gittata fino a 2.500 km in grado di trasportare esplosivi nucleari.
La USS Donald Cook è dotata del più recente Aegis Combat System: un sistema integrato di armi navali che può controllare i sistemi di difesa missilistica di tutte le altre navi incluse nello stesso network, in modo da assicurare contemporaneamente il rilevamento, il tracciamento e la distruzione di centinaia di obiettivi.
Nel frattempo, il Su-24 russo che sorvolava la USS Donald Cook non trasportava né bombe né missili, ma solo una gondola montata sotto la fusoliera che, secondo il giornale russo Rossiyskaya Gazeta, conteneva un dispositivo militare russo chiamato Khibiny.
Mentre il jet russo si avvicinava alla nave statunitense, il Khibiny ha disattivato tutti i radar, i circuiti di controllo, i sistemi, le trasmittenti e gli altri dispositivi a bordo della Donald Cook. In altre parole, il potentissimo sistema Aegis, che ormai è già installato o in corso di implementazione nei sistemi di difesa di tutte le navi più moderne della NATO, è stato completamente spento. A quel punto il Su-24 russo ha simulato un attacco missilistico contro la Donald Cook, che era rimasta letteralmente sorda e cieca. L’aereo russo ha ripetuto la stessa manovra 12 volte prima di volare via.
Subito dopo, la Donald Cook ha fatto rotta verso un porto in Romania. Dopo quell’incidente, di cui i media generalisti non fanno alcuna menzione nonostante le diffuse reazioni fra gli esperti della Difesa, nessuna nave statunitense si è più riavvicinata alle acque russe fino a metà ottobre.
Secondo alcune fonti, 27 marinai della USS Donald Cook hanno richiesto di essere sollevati dal servizio attivo proprio a causa di questo incidente.

(Fonte: Voltaire Network, 8 novembre 2014, http://tinyurl.com/kj4s6a3)



 

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