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LA NOTA PERSONALE: ALLA RICERCA DELLA VIBRAZIONE DELL’ESSERE

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Ognuno possiede una nota individuale, detta tonica personale: questa è il suono che caratterizza ogni essere, rendendolo unico e irrepetibile. Questa vibrazione sonora si stabilizza dopo la pubertà e rimane costante per tutta la vita. Il suono di base, riscontrabile su di una scala di 17 note in un’ottava, consente di individuare una “mappa” vibrazionale che, adeguatamente interpretata, indica al soggetto la via per trovare una maggiore serenità e una più autentica realizzazione di sè nel percorso della vita.

È inconfutabile che la musica abbia ricoperto un ruolo determinante nella storia e che il diverso modo di crearla e di interpretarla  abbia rivestito una funzione sociale e, ancor prima, personale. Se le voci degli antichi avessero vibrato nel silenzio, invece di essere accompagnate da strumenti che producevano un bordone, credo non si sarebbe mai sviluppato l’altissimo concetto dell’armonia.
Allo stesso modo la sensibilità musicale di ogni popolo ne costituisce un’immagine identitaria, al pari della religione, della morale. Ad esempio la sensibilità all’intonazione in noi occidentali è estremamente limitata se paragonata alla sensibilità di un suonatore di vijna, del sud dell’India. Questo perché, nella loro cultura, permane il quarto di tono, che per molti musicisti occidentali non è nient’altro che un’elucubrazione teorica, scollata dalla realtà esecutiva. Viceversa, il concetto di modulazione, quasi del tutto inesistente in altri popoli dove si privilegia invece la melodia, ha conosciuto in Occidente una grande fortuna, tanto che con l’avvento della polifonia, l’Occidente non ha fatto altro che specializzarsi nella modulazione. Il mutare sempre più frequente del centro tonale, i contrappunti e le fughe via via più complesse, hanno favorito, certamente, l’evoluzione dell’intelletto, della musica ragionata e colta, che però, si è forzatamente isolata nella sua torre d’avorio, scollegandosi sovente dalla gente comune, che ha preferito riconoscersi in altre forme musicali meno complesse e più immediate (canzoni, pop, jazz, rep, ecc.).

Penso che la nostra civiltà, fortemente tecnologica, indirizzata alla realizzazione materiale, sia il frutto della forma musicale da noi prescelta e che la mancanza di gioia che dilaga, insieme alle malattie psicosomatiche sia, ancora, una risultante di essa.

Parliamo del pianoforte.

La creazione di questo strumento è la realizzazione sonora di un compromesso storico-musicale: è stata sacrificata l’intonazione armonica naturale di ispirazione tolemaica, a favore di rapporti tra i suoni meno “attivi” ma che consentissero di modulare agevolmente verso toni lontani.
Il pianoforte è stato generato da una speculazione intellettuale e consente, agevolmente, di destare il musicale nel materiale (come tutti gli strumenti ad intonazione fissa: tastiere ecc.). L’affermazione di Rudolf Steiner: “Esso è la menzogna del filisteo, ed è una fortuna che ci sia, perché diversamente il filisteo non avrebbe, in genere, nessuna musica”, ci potrebbe, oggidì, far sentire tutti filistei, visto il dilagare delle tastiere e degli strumenti ad intonazione fissa a scapito della nostra sensibilità verso l’intonazione naturale. Personalmente credo, però, che questo non sia un male assoluto perché nel sistema temperato si celano profonde verità che, probabilmente, senza di esso sarebbero andate perdute. Tutto ciò fa parte di un “tessuto di vita” che ci consentirà di scegliere, in futuro, una via evolutiva più consapevole. L’utilizzo dei 12 suoni a intonazione fissa ci ha condotto, nel tempo, verso l’incapacità di udire le sfumature, le minime differenze tra i suoni e ha generato nuove forme di pensiero, tra le quali ha prevalso quella di Schomberg, il quale sosteneva che il linguaggio musicale potesse invecchiare ed esaurirsi e che quindi, nuovi apporti e innovazioni potessero giovare e contribuire a creare una nuova sensibilità musicale. Egli riteneva, altresì, che l’orecchio si fosse evoluto nel tempo e non potesse più essere soddisfatto dalle antiche armonie ma ricercasse nuove dissonanze per farle poi assurgere, nel tempo e con l’abitudine, a consonanze. Creò un sistema, detto “seriale” nel quale la serie dei suoni utilizzata non potesse identificarsi con una tonalità di base, con un suono centrale che avesse predominanza su altri suoni. Al giorno d’oggi il “teorema” dodecafonico è stato smentito dalla maggior parte dei compositori in attività e l’orecchio gioisce e apprezza ancora, forse ancor meglio di un tempo, la musica barocca o antica. Un altro fattore fondamentale, che secondo me non viene sufficientemente considerato riguarda la natura del suono che con il dipanarsi delle sue armoniche in funzione logaritmica afferma, senza ombra di dubbio, che la tonalità è parte del suono e ciò, rende il sistema dodecafonico un “paradosso musicale”. La musica è, altresì, un linguaggio alogico e i suoni non producono nessuna emozione, ma questa si genera dentro l’uomo, e perciò, è alle regole e misure auree che costituiscono l’essere umano, che bisogna far riferimento, per comprenderne il più profondo significato. Su tali misure logaritmiche, insite nel suono, fanno riferimento dotti trattati esoterici, che ci indicano che l’uomo è trino e che la musica ha la capacità di attivare i “valori” nascosti e le potenzialità di questa trinità, essendo il suono Dio in stato “operandi”. Non è sicuramente, un linguaggio sonoro che parla alla mente (d’altronde mens  “menzogna”) che può interagire con l’essenza musicale umana, ma un linguaggio che in sè conserva la potenzialità di dialogare con intelletto, emozione e azione.

La dodecafonia, non poteva, perciò, che esaurirsi in se stessa. Dodici pecorelle senza il pastore si perdono nel loro vagare, e 12 suoni senza il centro tonale negano l’armonia che da sempre vive in un singolo suono (evoluzione delle armoniche) e negano, quindi, anche l’uomo stesso, portandolo verso una sensibilità “distorta”. La musica si genera prima nella mente dell’artista e poi si esprime attraverso il suono detto, passa dall’intelletto al logos e, per mezzo del ritmo, quindi del movimento, si attiva nel mondo materiale. Il suono tenuto è “essere”, con l’apporto del ritmo si trasforma in “divenire”. Ma le regole auree, sono da millenni sempre le stesse e ancora tra eoni, sempre lo saranno.

Credo che il suono non sia numero, anche se per capirlo lo decodifichiamo in frequenza e numero; il suono è, piuttosto, informazione, nel senso etimologico della parola (che crea forma), ed è questa sua qualità che è divenuta più comprensibile ai nostri giorni, grazie alle sperimentazioni fatte in campo scientifico (Jenny, Emoto, Citro ecc.). Tutto ciò che esiste, e che noi percepiamo come materia, non è nient’altro che energia in movimento, energia che interagisce con altra energia. L’universo, poi, secondo le ultime scoperte, reagisce e si comporta come un grande ologramma, così come un ologramma è un suono, che contiene in se tutti i suoni.

Se l’universo non è nient’altro che una forza in vibrazione, e il suono è vibrazione, si può credere che la Bibbia nella sua affermazione “in principio era il verbo” e che il verbo-suono abbia generato tutto il creato, non è da prendere alla leggera. Se il suono armonizzante crea, genera forme, il suono non armonizzato distrugge, annulla. Per ritrovare l’equilibrio musicale perduto, dobbiamo andare in centro, in mezzo, dove sta la virtù. L’andamento verticale dell’armonia e quello orizzontale della melodia, formano insieme il simbolo antichissimo della croce, ed è da questo incrocio che dobbiamo ripartire per “centrarci”, cioè, nel suono “uno”. Sono intimamente convinto che la Vera Grande Musica abbia capacità ristrutturanti, anche a livello animico. Penso che possa rigenerare nell’uomo i valori sopiti, mai morti, che conducono l’essere umano alla ricerca dell’essenza della Vita, che porta alla vera Gioia. Nulla è perduto, questo è il momento storico più vicino alla rinascita dei valori musicali e spirituali, proprio perché dalla “nigredo” alchemica si può assurgere alla Grande Opera. Ogni uomo è una corda che vibra nell’universo. Ogni essere è un suono, che lo plasma e lo identifica. Conoscere il proprio suono, saperlo utilizzare e applicare nella vita comune, consente all’uomo stesso di ritrovare la propria missione sulla terra, e perseguirla. Un grande Saggio un giorno disse: “Dio si trova per sottrazione, e Dio vuole l’uomo gioioso su questa terra”.

Ho fatte mie queste verità e ho cercato nel semplice il divino: sono certo che lo troverò in un semplice suono cantato.

Articolo di Bruno Oddenino

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Segnaliamo l’evento:
Frequenze: la Musica dell’Anima – 21 aprile 2013,  Aosta

In una società che ha smarrito armonia e ritmo, dove la periodicità si confonde con la noia esistenziale, parleremo di frequenze, linguaggio primordiale del mondo e della vita: tutto vibra, ogni cosa emette frequenze che, ancor prima di ogni nome, hanno identificato l’Essere e l’essenza…


Nexus Edizioni ha pubblicato questi libri sul soggetto:

432Hz: La rivoluzione musicale
In quest’opera si tenta di svelare il grande arcano che si cela dietro a ciò che definiamo suono. A volte si dà per scontato che quello che si riesce a udire sia tutto ciò che può essere udito. In realtà, quello che si sente attraverso le nostre orecchie è solo la punta di un iceberg di iperfrequenze.

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All’origine fu la vibrazione
Le più recenti scoperte scientifiche non fanno altro che confermare ciò che le più antiche e millenarie culture hanno sempre sostenuto: l’Universo è un immenso campo vibratorio nel quale innumerevoli dimensioni si interpenetrano, esplicandosi olograficamente in quella che noi definiamo “realtà”.

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