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La dea dimenticata

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La celebrazione del femminino sacro ha caratterizzato sin dalle origini le culture di ogni tempo e nonostante tutti i tentativi di "normalizzazione" degli ultimi millenni, la sua forza e il suo autentico significato stanno lentamente riemergendo.


D come dea, D come donna: il dualismo della divinità femminile è come un fiume sotterraneo che scorre sotto la crosta delle convenzioni umane, delle dimenticanze volute, delle omissioni palesi. Scorre, nonostante tutto quello che, nel corso dei secoli, è stato fatto da uomini di potere per cancellarne la realtà. Ogni tanto emerge in superficie e poi ritorna in profondità, ma la sua forza non può essere trattenuta, perché è reale, autentica, indissolubile. Il femminino sacro è un argomento fondamentale delle culture di tutti i tempi e di tutti i luoghi della Terra ma, stranamente, c’è stata un’involuzione totale; col passare del tempo se n’è cancellata la parte più importante, lasciando solo dei semplici cenni che compaiono, qua e là, nelle varie epoche. 

Oggi, 2016, non si parla tanto di sacralità quanto di serialità, lasciando la parola alle assurde e terribili statistiche che vedono la donna sempre più protagonista di omicidi (59 donne uccise dall’inizio dell’anno) e atti di violenza, avvenuti troppo spesso tra le pareti domestiche. Stupore ha poi destato in tutto il mondo il semplice accenno di Papa Francesco ad una timida, timidissima, apertura del diaconato alle donne, cosa che non dovrebbe nemmeno occupare una riga sui giornali, in quanto ovvia e naturale e, al contrario, si dovrebbe discutere invece del fatto che le donne (l’altra metà del cielo…direi anche qualcosa di più, stando alle statistiche) dovrebbero avere il ruolo di preti, vescovi, cardinali…papi!
Fantascienza? Al momento, purtroppo, sì, dirigiamo quindi la nostra indagine alla storia per restare coi piedi per terra e vedere quanto l’antichità fosse molto più moderna di questa attualità.

Tra i tanti nomi femminili della divinità metto al primo posto Asherah, un nome di sette lettere che racchiude un intero alfabeto di conoscenza suprema. Era conosciuta anche come la Grande Madre della mitologia semitica, generalmente considerata del tutto coincidente con la dea ugaritica Athirat. Era anche nota come Ishtar e Astarte. Era una divinità molto potente e celebrata in molte culture, dai Fenici ai Babilonesi, e le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Le sue tracce si possono trovare in testi ugaritici risalenti a un periodo precedente al 1200 a.C., testi che la chiamano con il suo nome completo: “Colei che cammina sul mare”. 
Una Madonna o una Maddalena di dodici secoli prima?
Nella Bibbia ci sono molte citazioni di una “Regina del cielo” che potrebbe essere Asherah ma che le varie traduzioni (e cancellazioni) hanno occultato.

Ecco alcuni esempi:

Geremia, 7,17/18 “Non vedi che cosa fanno nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme? I figli raccolgono la legna, i padri accendono il fuoco e le donne impastano la farina per preparare focacce alla Regina del cielo…”

Geremia, 44: 16,17 “…Quanto all’ordine che ci hai comunicato in nome del Signore, noi non ti vogliamo dare ascolto; anzi decisamente eseguiremo tutto ciò che abbiamo promesso, cioè bruceremo incenso alla Regina del cielo e le offriremo libazioni come abbiamo già fatto noi, i nostri padri, i nostri re e i nostri capi nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme. Allora avevamo pane in abbondanza, eravamo felici e non vedemmo alcuna sventura…”

Geremia, 44,18/19 “…ma da quando abbiamo cessato di bruciare incenso alla Regina del cielo e di offrirle libagioni, abbiamo sofferto carestia di tutto e siamo stati sterminati dalla spada e dalla fame…E le donne aggiunsero: Quando noi donne bruciamo incenso alla Regina del cielo e le offriamo libagioni, forse che prepariamo per lei focacce con la sua immagine e le offriamo libagioni senza il consenso dei nostri mariti?”

Geremia, 44: 25 “…voi donne lo avete affermato con la bocca e compiuto con le vostre mani…adempiremo tutti i voti che abbiamo fatto di offrire incenso alla Regina del cielo… adempite pure i vostri voti e fate pure le vostre libagioni.” (1)

Quest’ultimo passaggio è, a mio avviso, eclatante. Lo stesso Geremia dà il proprio parere positivo, acconsente che le donne adempiano ai voti di onorare e adorare la Regina del cielo. Conclude, sì, il passo con un 

“Tuttavia ascoltate la parola del Signore…”, 

ma non trova nulla da ridire in questa pratica, nulla di scandaloso in tutto ciò e questo è già di per sé la conferma che la Regina del cielo era una realtà consolidata, il fulcro primigenio del femminino sacro.

Nel libro di Geremia questa dea che è Asherah, viene con l’appellativo di “Regina dei cieli” esattamente come si presentò ai tre pastorelli l’entità celeste riconosciuta universalmente come la Madonna di Fatima. Un caso? Restiamo sempre coi piedi saldamente a terra e legati ai testi biblici.
La Bibbia darebbe conferma del culto di Asherah nel Libro dei Re, in cui si cita una statua di Asherah  nel Tempio di Yahweh a Gerusalemme. A questa statua venivano offerti oggetti di tessuto prodotti dal personale femminile del Tempio. Il testo usa anche il termine “asherah” in due sensi, per riferirsi ad un oggetto religioso, o per definire il nome della divinità.

Secondo la scrittrice e ricercatrice inglese Lyn Picknett, Salomone non era assolutamente monoteista e nel suo Tempio molte erano le statue dedicate ad Asherah, tante quante quelle dedicate a Yahweh e la Dea suprema aveva la stessa dignità e lo stesso potere di Dio. Erano esattamente uguali.  A causa della furia iconoclasta del re Asa e poi di re Hezekiah (727-698 a.C.) le statue di Asherah scomparvero dal Tempio.

Ma lasciamo parlare, ancora una volta, la Bibbia:

“Asa, come Davide suo antenato, fece ciò che è giusto agli occhi del Signore. Eliminò i prostituti sacri dal paese e allontanò tutti gli idoli eretti da suo padre. Anche sua madre Maaca egli privò della dignità di regina madre, perché essa aveva eretto un obbrobrio in onore di Asherah; Asa abbatté l’obbrobrio e lo bruciò. Ma non scomparvero le alture anche se il cuore di Asa si mantenne integro nei riguardi del Signore per tutta la sua vita” (2)

La distruzione delle statue di Asherah nel Tempio di Salomone cancellò una buona parte del suo ricordo ma il culto della Dea madre non finì, ma si rigenerò in mille rivoli che toccarono varie figure mitiche femminili e si riversò in tutti i continenti sotto varie forme e credenze.
Una delle più importanti è sicuramente legata a Maria Maddalena, la donna amata da Gesù, che Gesù “baciava sulla bocca”, odiata da Pietro e dalla cultura maschilista e ortodossa in ogni tempo. Dopo la crocifissione Maria Maddalena è privata di Colui che la difendeva da ogni attacco ed è costretta alla fuga. È questo un tema su cui si dibatte da secoli, e cioè la sua partenza dalla Palestina e l’approdo sulle coste meridionali dell’odierna Francia. Poco dopo la crocifissione di Gesù, Maria Maddalena  insieme ai fratelli Marta, Lazzaro, Maria Salomè, una bambina nera di nome Sara e Giuseppe di Arimatea, viaggiarono per mare fino alla costa dell’attuale Provenza. Il motivo che aveva spinto il gruppo ad intraprendere il viaggio varia secondo la versione dei vari autori.

Secondo alcuni erano fuggiti dalle persecuzioni contro la Chiesa primitiva; sfuggiti alla ira di Pietro
e di alcuni discepoli, secondo un’altra ipotesi erano stati deliberatamente mandati alla deriva dai loro nemici su una nave senza timone e senza remi. Solo per un miracolo riuscirono ad approdare sulla terraferma. Il gruppo sbarcò sulla costa sabbiosa della Camargue dove ora si trova il villaggio di Saintes Maries de la Mer. Si racconta che Maddalena predicasse in tutta la regione, convertendo i pagani, prima di diventare eremita in una grotta a Sainte Baume. La tradizione vuole che qui visse per quarant’anni, dedicandosi alla penitenza ed alla meditazione. Quando morì, il suo corpo fu sepolto in quella città che da lei prese il nome. 
Una versione più recente e accattivante, lega il nome di Maria Maddalena al villaggio di Rennes le Château, o meglio, alla zona della regione nota come “Paese Cataro”, in cui lei, ancora oggi, è la regina incontrastata di chiese e luoghi dalla forte carica magnetica. 

I Catari stessi (creatori di una religione cristiana dualista nel Medio Evo e argomento di grandissimo fascino che merita una storia a sé) davano grandissima importanza alla donna, tanto che nella loro chiesa i vescovi erano indifferentemente maschi o femmine. Leggete bene, vescovi cristiani donne nel 1200! Questa religione pura e semplice venne distrutta (volutamente?) proprio a partire dal giorno della festa di Maria Maddalena, il 22 luglio 1209, quando a Beziers, città della Provenza, non distante da Rennes le Château, tutti gli abitanti furono trucidati dalle truppe di papa Innocenzo III giunte lì per debellare “l’immonda lebbra del sud” per citare le parole del pontefice. I soldati papali chiesero al vescovo che li guidava come avrebbero fatto a distinguere i Catari dagli altri cristiani e esemplare fu la risposta: “Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”. E così avvenne. La “Crociata contro il Graal”, per usare le parole di Otto Rahn, era iniziata e si sarebbe conclusa dopo trentacinque anni, nel 1244 dopo innumerevoli morti e distruzioni, sulla montagna di Montsegur, luogo simbolo dei Catari e della loro cultura.



La Maddalena pentita, Tintoretto. Fonte: Wikicommons


Anche con Maria Maddalena è stata fatta un’azione di distruzione, riflettendo l’atteggiamento della Chiesa medievale verso le donne. Di lei si costruì un’immagine che non corrispondeva per nulla al personaggio di cui si parla nei Vangeli… CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO SULL'ULTIMO NUMERO DI PUNTOZERO:


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