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Il programma di Trump (che vi hanno nascosto)

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Vi hanno informato di come insulta le donne, i messicani, gli immigrati – e i giornalisti. Conoscete le signore che ha palpato 35 anni orsono. Ma del suo programma politico non vi hanno detto niente. Anzi, vi han fatto credere che un pagliaccio come quello non ha alcun programma. Ecco i punti che Donald Trump ha delineato nel suo recente discorso a Gettysburg, che Newt Gingrich ha definito “il più importante discorso politico della storia recente americana”.

1 – Metterà un termine (ciò richiede un emendamento costituzionale) al numero di volte in cui un parlamentare può essere rieletto: l’assenza di tale limite ha reso il Senato Usa una casta di inamovibili. John McCain per esempio è senatore ininterrottamente da 16 anni, e prima è stato parlamentare dal 1983 al 2000. Quarant’anni sulla scena politica.

2 – Blocco delle assunzioni dei dipendenti federali (tranne forze armate, sanità pubblica e polizia) allo scopo di ridurne il numero per attrizione.

3 – Istituire un divieto di cinque anni per i dipendenti della Casa Bianca e del Congresso che lasciano il servizio, prima che possano impiegarsi come lobbisti. Il divieto sarà a vita per i dirigenti della Casa Bianca che fanno lobby per uno stato estero.

4 – Vietare ai lobbisti esteri di dare fondi per le elezioni americane.

5 – Rinegoziare il trattato commerciale NAFTA, o ritirarsene.

6 – Annunciare il ritiro dal Trans-Pacific Partnership (zona commerciale di cui fanno parte 12 paesi: Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Stati Uniti, Vietnam).

7 – Dare al Segretario al Tesoro le direttive per accusare la Cina di manipolare la sua valuta (esportando di fatto sottocosto). Direttive al Segretario al Tesoro e allo US Trade Representative di identificare tutti gli abusi delle nazioni estere esportatrici che si traducono in un danno ingiusto ai lavoratori americani, e perché mettano fine immediatamente a tali abusi.

8 – Togliere tutte le restrizioni (volute dagli ecologisti) che limitano l’estrazione delle riserve energetiche americane; dare il via ai progetti infrastrutturali come l’oleodotto Keystone (dall’Alberta, Canada, al Texas), bloccato da Obama per motivi ambientalisti.

9 – Cancellare i miliardi dati all’ONU per far avanzare i programmi di cambiamento climatico, e dirigere quei fondi a rammodernare la rete idrica e le strutture ambientali dell’America.

10 – Abolire tutti gli atti esecutivi incostituzionali emanati dalla presidenza Obama.

11 – Iniziare le procedure per sostituire il giudice della corte suprema Antonin Scalia (cattolico, conservatore, bestia nera dei LGBT), da poco defunto: Trump ha dichiarato di avere “una sua lista di venti giudici che difenderanno la Costituzione”.

12 – Cancellare ogni finanziamento federale alle “Città Santuario” (Sanctuary Cities): sono una dozzina di grandi città (New York, Chicago, San Francisco) dove il Comune, progressista, vieta alle sue polizie locali di collaborare con le autorità federali di repressione dell’immigrazione clandestina, per esempio non richiedendo mai i documenti ad un individuo per accertarne lo stato di immigrante illegale.

13 – Cominciare l’espulsione dei due milioni di immigrati illegali che hanno commesso reati; cancellare i visti d’entrata in Usa agli stati esteri che non si riprendono indietro questi immigrati; sospendere l’immigrazione da aree del mondo dove pullula il terrorismo, e dove la selezione non può avvenire con sicurezza.

14 – Lavorare col Congresso ad una Legge di Alleviamento e Semplificazione Fiscale per la Classe Media: un piano economico di forti riduzioni e semplificazioni fiscali specificamente destinato alle classi medie. Una famiglia di classe media con due figli avrà un taglio fiscale del 35%. Il numero di scaglioni fiscali sarà ridotto dagli attuali 7 a 3. L’aliquota per le imprese, ridotta dal 35 al 15 per cento. Le migliaia di miliardi che le multinazionali americane hanno all’estero, saranno rimpatriati con una tassazione del 10%.

15 – Lavorare col Congresso per cancellare lo Offshoring Act, la legge che facilita le aziende a delocalizzare la produzione all’estero (licenziando i lavoratori americani) e importare i loro prodotti esenti da tasse. Anzi, imporre tariffe che scoraggino questi metodi.

16 – Lavorare col Congresso per una Legge sulle Infrastrutture che, attraverso partnership pubblico-private, e incentivi fiscali ai privati, mobiliti mille miliardi di dollari in 10 anni per la riparazione delle infrastrutture (oggi del tutto trascurate) del paese. Sarà “revenue neutral”, lo Stato non preleverà imposte da questo programma.

17 – Lavorare col Congresso ad una legge scolastica che ridiriga i fondi per la pubblica istruzione allo scopo di restituire ai genitori la scelta in quali scuole mandare i propri figli. Dare la supervisione delle scuole alle comunità locali. Espandere la istruzione tecnica. Rendere il college (2- 4 anni) più abbordabile.

18 – Lavorare col Congresso all’abolizione totale dello Obamacare (la “riforma della previdenza sanitaria” di Obama, rivelatasi disastrosa) e sostituirla con Conti di Risparmio Sanitari, la possibilità di scegliere assicurazioni sanitarie al di fuori del proprio Stato, e dare agli Stati il compito di gestire i fondi Medicaid. Snellire la FDA.

19 – Lavorare col Congresso ad una Legge per cure mediche sostenibili per Bambini e anziani. Permettere di dedurre le spese sanitarie per bambini e anziani dalle imposte; incentivare datori di lavoro a fornire asili-nido aziendali; creare Conti di Risparmio per la Sanità di giovani e anziani “a carico”, esenti da tasse, con contributi per adeguare la partecipazione delle famiglie a basso reddito.

20 – Lavorare col Congresso ad una Legge per finire l’immigrazione illegale. Finanziare la costruzione di un muro nel confine meridionale, con l’intesa che sarà il Messico a rimborsarne il costo (sic); decretare due anni di prigione minimo per il rientro illegale in Usa dopo un’espulsione, e di minimo 5 anni se chi rientra è stato già condannato per reati gravi. Aggravare le pene per chi supera il periodo di soggiorno indicato nel visto d’entrata.

21 – Lavorare col Congresso per costituire una task force sui crimini violenti, accrescere i fondi per programmi di addestramento.

22 – Lavorare col Congresso per una legge di Riabilitazione della Sicurezza Nazionale. A Gettysburg, Trump ha parlato soprattutto ai reduci delle mille guerre americane, lasciati spesso nella miseria e nelle strade, malati, senzatetto. Ma è noto che vuole una revisione della NATO, e in genere degli obblighi degli Stati Uniti all’estero; gli alleati non devono contare su una difesa automatica da parte di Washington; e vuole un’intesa con Mosca.

Al di là delle esagerazioni (dopotutto, alla Berlusconi o Beppe Grillo), il filo demagogico e sbruffonerie (si noti quante volte gli occorrerà “lavorare col Congresso”, la cui simpatia non è affatto garantita, per attuare le sue riforme), una cosa è chiara: il programma di Trump ha cura delle classi medie ed operaie, umiliate dalla globalizzazione.

Quando parla di “60 mila fabbriche che hanno dovuto chiudere negli ultimi quindici anni e i cinque milioni di lavori industriali distrutti”, non s’inventa niente – e dice una verità che i politici non hanno mai pronunciato a così alta voce, e scalda i cuori degli umiliati. Dice chiaro che la globalizzazione economica è stata una sciagura per l’America lavoratrice.

Protezionista senza complessi, Trump propone di aumentare i dazi sui prodotti importati – e fino al 40% sulle merci cinesi. Ha applaudito al Brexit (Nigel Farage è suo grande amico), è contro tutti i trattati mondializzatori, TTP, Accordo di Libero Scambio con la UE e con gli asiatici, “colpo mortale all’industria manifatturiera degli Stati Uniti”. Ha ventilato addirittura l’uscita degli Usa dalla World Trade Organisation, Organizzazione Mondiale del Commercio, gendarme e poliziotto del liberismo globale, “un disastro”. Anatema per lorsignori di Washington, teorici economisti, e i profittatori di Wall Street, ma che riempiono il cuore di speranze nella Rust Belt, la vasta zona delle aree industriali dismesse dove gli impianti arrugginiscono e la disoccupazione e la povertà dilagano.
Siccome parla a questi cuori di lavoratori e disoccupati, Trump – al contrario dei repubblicani – non vuole tagliare le spese di previdenza sanitaria e di assistenza pubblica: molti elettori repubblicani, senza lavoro, di 65 anni hanno bisogno della Social Security (la pensione di vecchiaia) e Medicare (l’assistenza malattia, minima, dei poveri) ampliata da Obama. Ha promesso la riduzione dei prezzi dei farmaci, e proposto la riduzione di una imposta federale che tocca i 73 milioni di famiglie di reddito modesto.
Per contro, aumenterà il carico fiscale – ha giurato – sui traders degli hedge funds che guadagnano fortune, sugli speculatori di Wall Street; ha promesso il ripristino della Glass-Steagall Act (la legge che vietava la commistione banca di risparmio e banca d’affari speculativa, votata nel 1933 e abrogata da Clinton nel 1990 – causa della crisi Lehman e Subprime del 2007.
 


 

Protezionista lui? Guardate la Merkel.

Programma impraticabile? Protezionismo dannoso e irrealizzabile, come proclamano i sacerdoti del liberismo globale? Attenzione all’aria che cambia. Ieri il governo tedesco ha bloccato l’acquisto da parte di una finanziaria cinese (Fujan Grand Chip Investment) della Axtron, una ditta che fa chips elettronici per la produzione di LED: e lo fa’ per motivi strategici, non economici: non dare alla Cina le competenze, i brevetti e le intelligenze che questa piccola ditta possiede, e che servono nei programmi futuri di eccellenza della Germania. Con tanti saluti alla dogmatica di “attrarre investimenti esteri” che la UE e l’Italia impongono come grande soluzione globale, sta in questa fase in cui si può comprare qualunque cosa con denaro preso a prestito a tassi zero, il buon senso impone di “vietare” gli investimenti esteri invece di “attirarli”: equivalgono infatti a svendere competenze tecniche a basso costo. E una settimana fa Berlino ha emanato una direttiva che proibisce l’acquisizione da parte di stranieri di ditte di Stato, a partecipazione statale, o comunque sovvenzionate dal settore pubblico. “Non siamo protezionisti, ma per la concorrenza leale”, ha detto il Ministero federale dell’Economia. Esattamente ciò che dice Trump sulle merci cinesi. E ciò che dicono i valloni – sputacchiati dai sacerdoti del politicamente corretto – che si oppongono da soli all’accordo col Canada.

Il punto, non del tutto chiaro ai timonieri politici e finanziari, è che la “crescita” è finita – forse anche per sempre – e che la fine della crescita comporta l’arretramento della globalizzazione. Dopo dieci anni di crisi economica che le banche centrali non riescono a vincere con le loro stampe di trilioni, dopo il collasso del commercio mondiale mostrato dal crollo del Baltic Dry Index ormai da anni, dopo la deflazione che si aggrava e la disoccupazione di durata indefinita di intere generazioni in Occidente, è inevitabile che gli occidentali comincino a ribellarsi alla ricetta globalizzatrice e ultra-liberista. E ascoltino chi propone riforme profonde del governo economico, con la cura primaria ai propri cittadini anziché ai profitti delle Borse.
I padroni del vapore hanno ancora la globalizzazione, che è finita, nella loro dogmatica. E fanno di tutto per fermare il tempo. In Olanda, dove si vota nel marzo 2017, hanno dovuto mettere sotto processo per “insulti razzisti” Geert Wilders, il capo del Partito della Libertà, anti-UE, anti-Islam, anti-immigrati, per un semplice motivo: nei sondaggi è il partito pigliatutto, mentre i partiti tradizionali spariscono. E i padroni del vapore dovrebbero invece chiedersi come mai c’è tanta rivolta in Olanda che, si badi, sta nel cuore ricco d’Europa, l’economia va molto bene in confronto, poniamo a Grecia, Portogallo, Italia. In Francia, Hollande ha il favore del 6 per cento dell’elettorato (mai nessun politico è stato così basso) tanto che il suo stesso partito socialista lo prega di non presentarsi per un altro mandato, e le elezioni sono in aprile. In Italia Renzi può perdere già a dicembre, e per effetto della legge elettorale da lui stesso voluta, al governo può andare il 5 Stelle, partito che ha la maggioranza relativa. Il fatto che possa essere una esperienza di governo ‘disastrosa’, come han subito strillato i media dell’esperienza della giunta romana, a questo punto non è l’essenziale. Anche Trump, ci dicono, sarà un presidente “disastroso”.

Il fatto è che gli elettorati possano esser tentati di adottare politici “disastrosi”, su questo ci si deve interrogare. Vuol dire che hanno capito che le strutture di governo esistenti, i suoi dogmi e le sue promesse, sono obsolete; e la loro durata rende gli stati sempre meno governabili.
Anche se vince Hillary, avrà in mano una macchina strutturalmente intaccata, e lei stessa è vista dalla metà della popolazione come delinquenziale e illegittima. Se Trump perde, le istanze che ha posto non se ne andranno in silenzio: quando dice che “non riconoscerà” il risultato delle elezioni, se non vince lui, ha posto una novità assoluta, politicamente scorrettissima, rivoluzionaria: non giochiamo più con le vostre regole, è il sistema che è truccato fino alla radice, è il sistema che va’ cambiato.


Tratto da: http://www.maurizioblondet.it/programma-trump-vi-nascosto/

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