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I tre effetti della legge Urbani

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1 – una criminalizzazione di massa degli utenti che condividono contenuti, film e musica, che rischieranno sanzioni fino a 4 anni di reclusione e una multa fino a 15.493 euro;

2- il blocco del sistema delle comunicazioni digitali, con l’introduzione di un "bollino SIAE" per tutto ciò che viene trasmesso in rete;

3- l’aumento spropositato dei costi dell’hardware, con tasse che per un hard disk da 120 GB possono arrivare anche a 40 euro.

Nota: si ritiene doveroso sottolineare che la legge urbani, pesantemente vessatoria nei confronti del libero scambio delle idee, è stata promossa in primis dal nostro presidente del consiglio che, PROPRIO speculando A MAN BASSA sulla libertà e il pluralismo dell’informazione, ha costruito e fatto prosperare il suo impero televisivo. anche in questa occasione il governo da lui presieduto – il cosiddetto "polo delle libertà" (ma quali?) – È riuscito a dimostrare appieno il suo spessore antidemocratico, decidendo di perseguire alla stessa stregua i nostri figli adolescenti in cerca di canzonette e i sanguinari in cerca di vittime sacrificali. Per chi poi gestisce un sito web "no-profit" la situazione diventerà presto insostenibile in quanto la legge prevede – oltreché una "tassa siae" su ogni singola pagina contenuta nella locazione e sanzioni penali ad "effetto paralizzante" (con possibile "CONDIVISIONE di RESPONSABILITÀ" addirittura per i link suggeriti) – il deposito di quanto pubblicato sul sito in duplice copia presso le prefetture (e con gli aggiornamenti e la privacy come la mettiamo?). Il provvedimento legislativo – approvato d’urgenza (ma quale?) anche grazie al silenzio-assenso di ds, margherita, udeur e sdi, che si sono astenuti – sottende, al di lÀ delle motivazioni ufficiali dichiarate (tutela dei diritti di copyright audio-video), la volontà di consegnare internet alle lobby politico-affaristiche del controllo dell’informazione e del business. Su questo punto – ancora una volta – i politicanti liberticidi di destra, di centro e di sinistra si sono trovati tutti perfettamente d’accordo. fatto ancor più grave è che la cosiddetta "informazione ufficiale" (stampa e televisione) abbia completamente sottaciuto la reale portata della legge, ben lieta (presumo) della opportunità di disfarsi di una concorrenza alternativa più credibile e meno allineata. Una alla volta, l’attuale regime politico, democratico, ci sta sottraendo quelle che consideravamo le nostre ormai irrinunciabili libertà fondamentali: libertà di pensiero, libertà di parola, libertà di informazione. A voi, dunque, le conclusioni.

«Mi preoccupo continuamente della mia bambina e di Internet, anche se lei è ancora troppo piccola per potersi collegare. Ecco cosa mi preoccupa. Mi preoccupa il fatto che fra 10 o 15 anni, lei verrà da me e mi dirà: "Papà, dov’eri quando hanno tolto la libertà di parola in Internet?"» Mike Godwin (Electronic Frontier Foundation)

L’accerchiamento di Internet da parte delle Istituzioni è in via di completamento, impongono regole, regole, regole di cui non se ne sente la necessità. Entra in scena pure la Chiesa: ma non bastava la netiquette?

Internet e le Istituzioni

L’arrivo del popolo degli scaricatori ha portato la politica ad interessarsi della Rete italiana con la legge Urbani. È solo l’ultimo tassello di una invasione di una Internet Anarchica. Prima è arrivato il volgo e in coda lo Stato, né l’uno né l’altro hanno rispetto per la Rete (L’Arrivo dei Barbari). Chi ha navigato nelle acque primordiali della ragnatela elettronica si sente circondato dalle Istituzioni che da tutti i fronti minacciano le libertà date per scontate nella Ragnatela.

Sembra un circolo vizioso, più la Rete diventa importante, più gente arriva e più i politici e le autorità precostituite impongono regole di cui non se ne sente la mancanza ma che sottraggono sempre più libertà. Un tempo l’unica regola era la netiquette, era un accordo tra gentiluomini e gentildonne, moltissimi si prodigavano affiché fosse rispettata, sostituiva le leggi dello Stato e quelle della Chiesa. Non si sentiva la necessità di avere la Polizia che ci costringesse ad essere dei bravi Internauti.

Con la Rete di massa, pare si sia arrivati a 14 milioni di navigatori, ciò che si dice e si fa in Internet ha valore sociale ed economico e quindi va controllato in ogni modo. I fronti sono due, uno di tipo etico/morale e l’altro di tipo coercitivo/intimidatorio. Si sta facendo passare l’idea che è giusto il controllo da parte delle Istituzioni ed è giusto punire chi non si piega al controllo.

I giornalisti attaccano Internet per la mancanza di controllo sulla veridicità delle notizie. Un caso particolare è stato un Blog che ha informato sulla storia della società per cui gli ostaggi italiani in Iraq lavoravano (dts security llc), storia dimostratasi falsa. In quel caso i giornalisti hanno attaccato i Blog come fonte di informazioni non attendibili.

Da tempo le varie associazioni e personaggi politici chiedono che i bambini possano navigare in Internet. Hanno fatto battaglie affinché il materiale pedo-pornografico non circolasse più nella Rete ma in realtà il loro scopo è il controllo di Internet, mettere la catena alla Ragnatela sul modello televisivo o se si vuole sul modello Cinese.

Il fronte si è spostato, si critica sottovoce la pornografia nella Rete, si chiede che le informazioni siano certificate come vere da parte di Autorità. Si è iniziato a dare privilegi ai siti di informazione registrati e che accettano una regolamentazione tramite la legge sull’editoria, ora si parla di impedire che le falsità siano dette, non ci si preoccupa che spesso la verità e la menzogna cambiano di posto: i partigiani italiani erano terroristi per i nazisti.

Ultimamente l’istituzione più antica d’Italia, la Chiesa di Roma, chiede che l’informazione sia vera e che non si rubi la conoscenza altrui. Parla dei peccati che commetterebbero gli internauti che credono nel suo verbo. Tutto il contrario dei princîpi fondanti della Rete che, in quanto Anarchica e collaborativa, chiede che la conoscenza sia condivisa e che ci sia la libertà di diffondere le informazioni di qualsiasi tipo siano.

I bollini rossi o verdi che la Chiesa chiede siano messi sulle notizie è l’ultima regola che si cerca di imporre per legge ad Internet da parte dei politici. Ormai l’accerchiamento è in via di completamento.

Esiste poi il livello del piegare i più recalcitranti al controllo, le pressioni sul navigatore, il fiato sul collo del cybernauta. Le proposte del legislatore sono le più varie, alcune sono state bocciate, altre sono legge, comunque indicano una volontà precisa. Si va dalla richiesta di depositare le proprie pagine web presso un controllore governativo, alla conservazione dei file di Log delle nostre navigazioni da parte dei provider per 30 mesi. Si va dai dati personali dei proprietari di siti web memorizzati nel whois e pubblici, all’indirizzo IP della nostra connessione ad Internet memorizzato insieme a ogni nostro commento fatto nei forum, questo a causa del dilagare della paura di atti repressivi da parte delle Istituzioni.

La signora Anarchia che un tempo aveva trovato dimora in Internet si ritrova con le Istituzioni di ogni tipo che si apprestano a sfrattarla da quella che molti considerano la sua casa. La netiquette viene sostituita con un’Internet della Polizia.

Da questo accerchiamento potrebbe nascere la sostituta della TV del nuovo secolo, avrebbe in comune con il vetusto media il fatto di essere adatta ai bambini e soprattutto sarebbe gradita a tutte le Istituzioni, Chiesa compresa.

Se si arriverà a tanto, se si proseguirà in questa funesta direzione, funesta per la libertà di pensiero, allora spunteranno come funghi personaggi che ci racconteranno come l’Anarchia di Internet fosse divenuta insostenibile e che per il bene della Rete sono state fissate delle regole.

In quel momento noi che amavamo la libertà dei newsgroups, dei siti, dei Blog e delle reti P2P sapremmo dove sta la verità e che le nuove regole per Internet, che tutte le Istituzioni chiedono e impongono, servono solo a prolungare il loro potere e il loro controllo sulla Ragnatela delle ragnatele.

Sandro Kensan

[…]

Hanno votato a favore tutti i partiti della Casa delle Libertà mentre si sono astenuti i Democratici di Sinistra, Margherita, UDEUR e SDI. Hanno votato contro soltanto i Verdi, Rifondazione comunista, Comunisti italiani e dipietristi.

Da segnalare che il provvedimento approvato dal Senato non è piaciuto a nessuno: da più parti si sono levate voci molto critiche, anche da partiti, come i DS, che hanno poi scelto l’astensione. Lo stesso Urbani nella sua replica ieri mattina ha dichiarato: "Chiedo al Senato il sacrificio di legiferare come tutti sappiamo che non si debba fare".

Come accennato, c’è una qualche prospettiva, però, che entro un certo numero di mesi entri in vigore una nuova legge che abolisca le misure sanzionatorie dell’articolo 1 del provvedimento Urbani, rimuova la tassa su masterizzatori e software di masterizzazione nonché tolga di mezzo l’obbligo di apporre un bollino, una "nota informativa", su tutti i materiali protetti da diritto d’autore circolanti in rete. Tutti obblighi che saranno nei prossimi giorni vigenti a tutti gli effetti.

[…]

Marco Cappato [Deputato europeo Lista Bonino]: "[…] Una svolta internazionale atta a criminalizzare l’uso libero della rete. Ci sono grandi gruppi che hanno interesse alla crescita di una rete chiusa, dove il modello della televisione – chi trasmette e chi riceve – sia riproposto, aggiornato con l’interattività. Sia per il software che per i contenuti in genere. Il problema è che tutti i vari aspetti, Digital Rights Management, brevetti, la criminalizzazione del file sharing… sono tutti aspetti di una unica cosa.. non perché ci sia bisogno di una grande mente o di un grande vecchio, ma perché rispondono ad una solita concezione. il problema è dare forza all’alternativa. Dove l’individuo, cittadino, persona, possa essere protagonista anche sconvolgendo gli attuali modelli di business […]".

Analisi di ALCEI

Sintesi

La formulazione attuale della legge sul diritto d’autore consente la copia privata di un’opera protetta a fronte del pagamento preventivo di un equo compenso calcolato in percentuale sul prezzo dei supporti di memorizzazione.

La legge sul diritto d’autore non impone l’obbligo di possedere la copia-sorgente (anche perché, altrimenti, sarebbe automaticamente vietato usare il video-registratore), ma solo di realizzare in proprio la copia personale senza cederla a terzi.

Ne consegue che l’utente che si procura opere protette (anche) tramite un network Peer-to-Peer non commette illecito penale, avendo pagato a monte i diritti d’autore. A differenza di chi mette a disposizione le opere senza averne diritto, che non può invocare alcuna giustificazione.

Il Decreto Urbani stravolge l’assetto precedente e:

– criminalizza ingiustamente gli utenti che hanno già pagato per godere del diritto alla copia privata;

– istituisce la responsabilità oggettiva per i provider e li obbliga a controllare e denunciare i propri utenti;

– affida alla polizia politica (DIGOS) il compito di prevenire le violazioni sul diritto d’autore;

– stabilisce, per la prima volta, che un certo uso della crittografia è illegale "in sé".

1 – Il regime giuridico della copia privata di materiale audiovisivo nella legge vigente

L’art. 71-sexies della legge sul diritto d’autore stabilisce che:

"1. E’ consentita la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali, nel rispetto delle misure tecnologiche di cui all’articolo 102-quater".

La legge, inoltre, prevede un equo compenso applicato anticipatamente sul supporto di memorizzazione in modo che il titolare dei diritti venga retribuito anche per l’effettuazione della copia privata. Questo è stabilito all’art. 71-septies secondo cui:

"1. Gli autori ed i produttori di fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive, gli artisti interpreti ed esecutori ed i produttori di videogrammi, e i loro aventi causa, hanno diritto ad un compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi di cui all’articolo 71-sexies. Detto compenso è costituito, per gli apparecchi esclusivamente destinati alla registrazione analogica o digitale di fonogrammi o videogrammi, da una quota del prezzo pagato dall’acquirente finale al rivenditore, che per gli apparecchi polifunzionali è calcolata sul prezzo di un apparecchio avente caratteristiche equivalenti a quelle della componente interna destinata alla registrazione, ovvero, qualora ciò non fosse possibile, da un importo fisso per apparecchio. Per i supporti di registrazione audio e video, quali supporti analogici, supporti digitali, memorie fisse o trasferibili destinate alla registrazione di fonogrammi o videogrammi, il compenso è costituito da una somma commisurata alla capacità di registrazione resa dai medesimi supporti".

Coerentemente, quindi, l’art.171 ter (cui spetta l’individuazione delle condotte illecite) stabilisce che:

"E’ punito se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinque a trenta milioni di lire chiunque a fini di lucro:

a) abusivamente duplica, riproduce, trasmette o diffonde in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, un’opera dell’ingegno destinata al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento."

2 – La legittimità del Peer-to-Peer

Dal momento che le norme in questione fanno esclusivo riferimento all’effetto del comportamento (duplicazione non a scopo personale) e non alla tecnologia utilizzata se ne deduce che è consentita la copia privata comunque effettuata purché non effettuata da terzi (art.71 sexies c.II) e nel rispetto delle misure tecnologiche di protezione (art.102 quater).

Nel caso del Peer-to-Peer, dunque, vanno tenute ben distinte le posizioni di chi distribuisce l’opera protetta e di chi la scarica. Il primo – se non ha acquisito il relativo diritto – commette sicuramente un atto illecito. Ma il secondo non sta violando alcuna legge. L’utente che scarica l’opera, infatti, la memorizza su un supporto per il quale ha già pagato a monte l’equo compenso per la duplicazione e dunque ha il diritto di fruire dell’opera per uso personale. Una posizione, questa, sostenuta anche dal Copyright Board del governo canadese in una decisione emanata lo scorso 13 dicembre 2003 nella quale si legge testualmente:

"In questo documento non è in discussione la responsabilità di chi fa upload, distribuisce o comunica musica attraverso questi sistemi. Allo stesso modo, non è in discussione la responsabilità di chi fornisce software, gestisce reti o connessioni internet. La distribuzione Peer-to-Peer su Internet non è presa in considerazione in quanto tale dalla normativa. Su questo tema si applicano certamente le altre considerazioni in materia di copyright. In questa sede ci stiamo occupando esclusivamente delle copie finali. La normativa non si occupa della fonte del materiale copiato. Non è richiesto… che la copia-sorgente sia non illecita. Pertanto non è rilevante se la copia-sorgente sia una registrazione pre-detenuta, un CD regalato, o un file scaricato dalla rete".

Dal punto di vista della concreta possibilità di sanzionare attività di illecita distribuzione, l’attuale normativa (peraltro incivile e vessatoria nella sua impostazione) è già ampiamente sufficiente.

3 – I contenuti del decreto-legge

A – Le modifiche alla legge sul diritto d’autore

Il decreto-legge Urbani aggiunge alla lettera a) dell’art.171 ter che punisce chi:

"a) abusivamente duplica, riproduce, trasmette o diffonde in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, un’opera dell’ingegno destinata al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento".

La lettera a)-bis che si applicherebbe a chi:

"a-bis) in violazione dell’articolo 16, diffonde al pubblico per via telematica, anche mediante programmi di condivisione di file tra utenti, un’opera cinematografica o assimilata protetta dal diritto d’autore, o parte di essa, mediante reti e connessioni di qualsiasi genere".

Ne consegue che la modifica proposta è del tutto superflua perché la lettera a) dell’art.171 ter comprende (diffusione in pubblico di opera protetta con qualsiasi procedimento) anche i casi della lettera a-bis).

La seconda modifica introdotta dal decreto-legge Urbani modifica l’art.171-quater aggiungendo un comma III con l’applicazione di una sanzione amministrativa per:

"Chiunque, in violazione dell’articolo 16, diffonde al pubblico per via telematica, anche mediante programmi di condivisione di file tra utenti, un’opera cinematografica o assimilata protetta dal diritto d’autore, o parte di essa, mediante reti e connessioni di qualsiasi genere, ovvero, con le medesime tecniche, fruisce di un’opera cinematografica o parte di essa…".

Ma il comma I (vigente) di questo articolo già sanziona:

"Chiunque abusivamente utilizza, anche via etere o via cavo, duplica, riproduce, in tutto o in parte, con qualsiasi procedimento, anche avvalendosi di strumenti atti ad eludere le misure tecnologiche di protezione, opere o materiali protetti, oppure acquista o noleggia supporti audiovisivi, fonografici, informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni della presente legge, ovvero attrezzature, prodotti o componenti atti ad eludere misure di protezione tecnologiche".

Anche questa modifica si dimostra, pertanto, superflua, come pericolosa è quella contenuta nel successivo paragrafo, che sanziona più gravemente l’utilizzo di tecniche crittografiche per occultare la comunicazione. Per la prima volta, infatti, viene esplicitamente stabilita la illiceità dell’uso di questi metodi, stabilendo un precedente pericolosissimo.

Altrettanta preoccupazione desta il comma IV (di futura introduzione) che punisce:

"Chiunque pone in essere iniziative dirette a promuovere o ad incentivare la diffusione delle condotte di cui al comma 3 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 2000 e con le sanzioni accessorie previste al medesimo comma".

Questa norma, infatti, è strutturata sul modello dei delitti di attentato nei quali, invece di punire la commissione di un fatto (regola stabilita nella Costituzione) si anticipa la soglia della punibilità agli "atti diretti". Cioè a quegli atti che pur non realizzando materialmente l’evento delittuoso ne costituiscono l’anticipazione logica e cronologica. Per la sua eccezionalità questa tecnica di normazione è sempre stata utilizzata per proteggere beni collettivi di interesse primario, come certamente non sono i diritti d’autore.

B – L’introduzione di nuove norme

Il comma III del decreto Urbani stabilisce che:

"Il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno raccoglie le segnalazioni di interesse per la prevenzione e la repressione delle violazioni di cui alla lettera a-bis) del comma 2 dell’articolo 171-ter e di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 174-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, assicurando il raccordo con le Amministrazioni interessate".

Nell’organigramma funzionale del Ministero dell’interno, la legge 121/81 sul nuovo ordinamento della Pubblica Sicurezza affida le funzioni di prevenzione alla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione – DCPP (ex UCIGOS) che opera a livello locale tramite le Divisioni Investigazioni Generali ed Operazioni Speciali (DIGOS).

I compiti della DCPP sono:

– raccolta delle informazioni relative alla situazione generale, anche ai fini della prevenzione dell’ordine pubblico;

– investigazioni per la prevenzione e la repressione dei reati contro la personalità interna ed internazionale dello Stato e contro l’ordine pubblico, dai reati di terrorismo a quelli di natura politica, in genere;

– compimento dei relativi atti di polizia giudiziaria e supporto operativo ai Servizi Segreti.

Attualmente, come risulta dal sito istituzionale dell’ufficio, pubblicato sul dominio del Ministero dell’interno:

"Nella fase attuale, l’azione preventiva e di contrasto è indirizzata particolarmente verso i seguenti obiettivi:

– organizzazioni terroristiche interne ed a carattere internazionale;

– associazioni eversive a venti tra i propri scopi l’incitamento alla divisione ed alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi cui fanno riferimento la legge 13.10.1995 n.654 ed il D.L. 26.4.1993 n.122, convertito con legge 25.6.2993 n. 205, ovvero riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 1 della legge 20.6.1952 n.645 recante norme di attuazione della XII disposizione finale e transitoria della Costituzione;

– associazioni che perseguono l’obiettivo della distruzione dell’integrità, dell’indipendenza e dell’unità dello Stato ovvero la modifica dell’assetto costituzionale con mezzi non consentiti dall’ordinamento; gruppi estremisti che perseguono scopi di sovvertimento sociale attraverso il ricorso alla violenza o a pratiche illegali;

– associazioni a carattere militare o paramilitare di cui al D.Lgs. 14.2.1948 n.43;

– reati contro la P.A., qualora il fenomeno, in ragione della sistematicità e della gravità dei fatti delittuosi registrati, assuma dimensioni tali da incidere sulla credibilità e sullo stesso funzionamento delle Istituzioni;

– flussi di immigrazione clandestina e traffico internazionale di armamenti per gli aspetti connessi al coinvolgimento di organizzazioni terroristiche, nazionali ed internazionali;

– associazioni segrete;

– congregazioni ed altre realtà di tipo settario che perseguono finalità controindicate;

– terrorismo informatico e telematico;

– fenomeni di ‘violenza di gruppo’ ispirati ad ideologie connotate dal ricorso sistematico a comportamenti aggressivi;

– episodi di illegalità nelle manifestazioni sportive ad opera di formazioni organizzate;

– altre fenomenologie trasgressive da cui derivino, anche indirettamente, ripercussioni negative per la difesa e la sicurezza dello Stato, la tutela della libertà e dell’esercizio dei diritti dei cittadini, nonché dell’ordine e della sicurezza pubblica".

Mentre sarebbe tecnicamente (ma non culturalmente) concepibile l’estensione al diritto d’autore delll’ambito delle attività di prevenzione di competenza della DCPP, non risulta coerente e comprensibile attribuire a questo ufficio la raccolta di non meglio qualificate "segnalazioni" per la repressione degli illeciti, dato che sono attività che la legge attribuisce alle sezioni di polizia giudiziaria e all’autorità giudiziaria.

Questa sovrapposizione di competenze è ancora più evidente nel successivo comma V che – senza, evidentemente, che ci sia un procedimento penale in essere – estende alla DCPP il potere di ordinare l’inibizione dell’accesso ai contenuti contestati o la loro rimozione. Ad oggi, questo potere spetta alla sola magistratura ed è regolato dal codice di procedura penale che contempera le necessità delle indagini con i diritti dell’indagato e dei terzi. Con l’approvazione del decreto Urbani la DCPP potrà operare al di fuori del sistema di garanzie stabilito per legge.

I commi 5,6 e 7 del decreto Urbani, infine, stabiliscono di fatto l’obbligo per il provider di monitorare il comportamento dei propri utenti e di denunciarli alla DCPP. Il testo parla di "segnalazione", ma siccome la DCPP è composta da personale della Polizia di Stato che ha l’obbligo di denuncia degli illeciti di cui viene a conoscenza, di fatto la "segnalazione" del provider equivale a una vera e propria denuncia.

Conclusioni

In sostanza – un’ennesima legge-papocchio inutile, inefficace e pericolosa. In cui si mescolano, in un intruglio indigesto e velenoso, temi diversi e non connessi fra loro, come il terrorismo e la duplicazione di musica, video o software.

Inutile perché non fornisce alcuno strumento utile per la prevenzione del crimine (e in particolare di delitti gravi come il terrorismo o altre forme di violenza).

Inefficace perché farraginosa e mal concepita, quindi atta a produrre dispersione di attività, procedimenti a carico di innocenti, sovraccarico di indagini senza capo né coda, a scapito di attività seriamente utili per combattere le attività criminali.

Pericolosa perché introduce, in materie ove è totalmente insensato, il concetto di "processo alle intenzioni" cioè di punibilità non di un fatto, ma della supposta inclinazione a farlo. (Se questa violazione di un principio fondamentale del diritto può essere ammissibile in situazioni estreme come il terrorismo, è inaccettabile che possa essere estesa a situazioni in cui non c’è alcun rischio per la vita e la sicurezza delle persone e delle istituzioni).

Come altre (troppe) leggi e norme rivela, con le sue affermazioni ridondanti e inutili, una specifica volontà di repressione di Internet e della libertà di comunicazione e di informazione offerta dalla rete.

La perversa assurdità dell’impostazione è rivelata da alcune specifiche disposizioni.

Con l’entrata in vigore del decreto Urbani, la DIGOS, oltre a occuparsi di criminalità organizzata, terrorismo e sicurezza dello Stato avrà il compito di tutelare in via preventiva gli interessi di un ristretto gruppo di (potenti) imprenditori dello spettacolo, dell’editoria e dell’informatica (che già con le leggi esistenti sono assurdamente favoriti dal fatto che la duplicazione di musica, immagini o software è considerata una responsabilità penale).

Questo decreto stabilisce di fatto la "responsabilità oggettiva" dei provider, che hanno l’obbligo di monitoraggio e denuncia dei propri utenti – e sono multati pesantissimamente se non denunciano.

Per la prima volta si stabilisce che un certo uso della crittografia è, di per sé, illecito. (Sembra di ritornare a quelle disposizioni americane sul controllo della crittografia come strumento militare che tanto scandalo avevano suscitato dieci anni fa).

Si instaura, insomma, qualcosa che somiglia molto a uno "stato di polizia", con la persecuzione delle intenzioni, l’obbligo di delazione, la violazione della vita e della comunicazione. E tutto questo non per combattere i terroristi (che possono essere solo favoriti dalla confusione e dalla dispersione di energie create da leggi come questa) ma per soddisfare il protagonismo di questo o quell’altro uomo politico ("voglio anch’io una mia legge contro Internet") e le potenti lobby delle case discografiche o di software, cui poco importa se leggi come questa siano applicabili o funzionali, ma piace "terrorizzare" chi non asseconda i loro avidi interessi.

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