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Dopo il Ttip, fallisce anche il Ceta?

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Il CETA é fallito, vince l’impegno dei cittadini e dei produttori responsabili

Salta il vertice Europa-Canada e la Campagna stop TTIP Italia pubblica il nuovo rapporto "Butta quella pasta": perché il CETA va fermato anche se il Belgio ci ripensa. Per questo Stop TTIP Italia conferma le iniziative del 5 novembre: “non illudiamoci e non abbassiamo la guardia

“Il Belgio non è nella posizione di firmare il CETA”.

Con queste lapidarie parole il primo ministro belga Charles Michel chiude la partita sull’Accordo di liberalizzazione commerciale con il Canada.

“La Vallonia, il Governo di Bruxelles capitale e la comunità francese hanno detto No”.

Dopo l’afflosciamento del negoziato sul TTIP, la Commissione Europea ha provato a forzare sull’approvazione del CETA tentando di trasformare un accordo evidentemente misto, che richiede la ratifica dei Parlamenti nazionali, in uno EU only e a modificare alcuni dei capitoli più problematici, come l’arbitrato sugli investimenti, con uno specchietto per le allodole come l’imitazione di una vera corte internazionale (ICS). Oggi, però, il campione socialdemocratico di CETA e TTIP, Bernard Lange, è costretto a ammettere su Twitter che

“il CETA ha fallito. L’Unione europea non è più capace di creare un compromesso sociale, ha bisogno di un profondo riorientamento verso le aspettative dei cittadini”:

Ben svegliato! Non era meglio ascoltare le nostre preoccupazioni per tempo, quando sono state scritte nero su bianco negli emendamenti alla Risoluzione sul TTIP che avevamo fatto presentare al Parlamento Europeo l’8 luglio 2015 e che sono state prontamente bocciate da Popolari e Socialdemocratici?

“Lo stop del percorso di approvazione del CETA mostra quanto siano l’inadeguatezza e l’insostenibilità delle politiche sostenute dalla Commissione Europea a creare le condizioni per i propri fallimenti”

sottolinea Monica Di Sisto, di Fairwatch e portavoce della Campagna Stop TTIP Italia.

"La posizione della Vallonia, tutt’altro che nazionalistica e autarchica, ha ribadito come per alcuni capitoli estremamente delicati e rischiosi come quello dell’arbitrato per le imprese, dello sviluppo sostenibile, l’innalzamento degli standard di qualità, non ci siano le tutele necessarie. Quello che è emerso con il caso della regione belga è ciò che le campagne Stop TTIP/CETA hanno ribadito per oltre due anni, ma che la Commissione Europea ha pensato bene di ignorare. Rimaniamo comunque con gli occhi aperti, è necessario che il Consiglio Europeo si esprima in modo incontrovertibile sulla situazione. Per questo chiediamo che sospendano ufficialmente l’approvazione del CETA e il negoziato TTIP, cambiando radicalmente rotta".

Per dimostrare con i fatti che il no al CETA non è figlio del nazionalismo e della miopia politica, come pure alcuni da parte socialdemocratica e centrista sembrano voler sostenere, la Campagna Stop TTIP Italia pubblica il nuovo e scottante rapporto “Butta quella pasta! Perché il CETA va fermato subito" dove si affrontano con numeri e dati in 14 pagine l’impatto rovinoso che il maggior ingresso di grano e di pasta canadesi avrebbero sui produttori italiani, sulla protezione delle nostre paste e dolci di eccellenza e sulla tutela della nostra salute che verrebbe minacciata da prodotti con più pesticidi, tossine e ogm. Il link al documento butta-quella-pasta-def

“Il disastro nella politica commerciale europea è figlia di un approccio eccessivamente orientato alla tutela dei privilegi di pochi”

sottolinea Elena Mazzoni, di Transform tra i coordinatori della Campagna Stop TTIP Italia.

“Nonostante una netta opposizione al meccanismo dell’arbitrato che si è dimostrata non solo nelle piazze ma anche con il 97% di contrarietà su oltre 140mila opinioni inviate all’UE in occasione di una consultazione popolare, la Commissione è andata avanti lo stesso, proponendo una riforma assolutamente parziale e insoddisfacente. Il caso TTIP e CETA dovrebbero essere un campanello di allarme sul fatto che bisogna necessariamente cambiare rotta”.

Come Campagna Stop TTIP Italia abbiamo comunque scelto di non abbassare la guardia” aggiunge Marco Bersani, di Attac e tra i coordinatori della Campagna Stop TTIP Italia.

“Il TTIP e il CETA non sono stati ancora definitivamente messi in un cassetto e per questo il 5 novembre organizzeremo eventi in diverse città italiane, per ribadire la nostra contrarietà a una politica di liberalizzazione commerciale non più accettabile. Abbiamo contribuito a bloccare il CETA e il TTIP” conclude Bersani, “ma ci sono altre sfide come il TiSA, l’accordo di liberalizzazione sui servizi, e altri accordi come quello con la Tunisia e con il Mercosur che meritano altrettanta attenzione e mobilitazione”.

Fonte: https://stop-ttip-italia.net/2016/10/24/il-ceta-ha-fallito-vince-limpegno-dei-cittadini-e-dei-produttori-responsabili/


Quando la Vallonia eravamo noi

Poco più di sei anni fa, il Viceministro al Commercio estero Urso decise di non dare il via libera all’approvazione al Consiglio Europeo dell’Accordo di liberalizzazione commerciale con la Corea del Sud. Le preoccupazioni della FIAT erano molto alte, considerato che nel primo semestre del 2010 secondo Euractiv la vendita di auto italiane (in diretta competizione con le utilitarie coreane) era caduta del 10%. “In questi termini l’Italia non ha escluso l’oportunità di usare il suo potere per esprimere una riserva generale sull’accordo, che potrebbe funzionare come un veto”.

D’altro canto, l’allora Viceministro Urso sulla pagine di EU Observer sottolineava come l’Italia avesse “chiesto modifiche soprattutto per il settore auto, ma sfortunatamentei (nostri) suggerimenti non sono stati accettati”.

Ivan Hodac, allora segretario generale di ACEA, l’Associazione europea dei produttori di automobili,  sottolineava come il voto al Consiglio Europeo fosse “un forte segnale politico che possono e devono essere fatti miglioramento a questo accordo”.
Allora i grandi gruppi europei, a cominciare dai produttori di auto, sostenevano con forza il veto italiano. Sono gli stessi che oggi attaccano la Vallonia perché una Regione non può tenere in scacco un intero continente, anche se le obiezioni del Parlamento Vallone riguardano aspetti che interessano tutti i cittadini europei (come gli standard e la questione dell’ISDS/ICS) e non solo una questione di interesse di bottega.
Chissà, forse allora l’attuale Ministro Carlo Calenda, che si occupava di automotive, e alcuni attuali europarlamentari come Alessia Mosca e Nicola Danti (tanto per citarne alcuni) non sarebbero stati così tranchant nel difendere le prerogative dell’Europa contro l’insolenza di uno Stato nazionale.

Fonte: https://stop-ttip-italia.net/2016/10/25/quando-la-vallonia-eravamo-noi/


 

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